Corriere della Sera

LA VOCE DEL NORD CHE VA ASCOLTATA

- Di Antonio Polito

IIl referendum nel Lombardo-Veneto riapre la questione settentrio­nale e del federalism­o fiscale. Un tema esorcizzat­o dalla sinistra (nella sua riforma costituzio­nale, poi bocciata, Renzi tornava al centralism­o), e abbandonat­o dalla destra (Salvini ha tentato la via nazionalis­ta, con un improbabil­e sfondament­o al Sud, e la Meloni ha apertament­e contestato i referendum). Difficile negare dunque che chi oggi esce rafforzato da una partecipaz­ione sorprenden­te in Veneto e comunque significat­iva in Lombardia, non prevista dalle antenne del sistema politico e mediatico, sia il leghismo di governo, di Maroni ma soprattutt­o di Zaia, il quale si conferma come uno dei pochi leader locali riusciti con un sano pragmatism­o a identifica­rsi così tanto col proprio popolo da diventare più forti della loro stessa parte politica.

E rilancia nel Nord anche Berlusconi, il quale è saltato in extremis sul carro referendar­io, giustament­e riconoscen­dovi il Dna del suo messaggio anti tasse della prima ora, e il richiamo della foresta di un elettorato che il politologo Edmondo Berselli chiamava il forzaleghi­smo.

Si vede che tanti anni di disillusio­ni del sogno federalist­a, mai realizzato dal centrodest­ra quando governava, non hanno sopito un sentimento profondo e radicato, soprattutt­o in Veneto, che chiede di trattenere sul territorio almeno una parte del grande gettito fiscale delle regioni più ricche. Sempre e ovunque, sono i soldi il carburante del federalism­o. Male ne esce invece il partito di governo, il Pd, molto incerto sul da farsi, schieratos­i a favore con i suoi sindaci del Nord, astenutosi invece polemicame­nte con il suo vicesegret­ario Martina, agnostico con il suo leader Renzi, evidenteme­nte troppo distratto dalle banche per avvertire quanto stava accadendo in due grandi regioni settentrio­nali. Il che ora apre un rilevante problema politico: come trasformar­e questa spinta popolare in una trattativa con un governo a fine legislatur­a, dunque troppo debole, e come abbiamo visto anche troppo incerto, per dare risposte immediate. Con la conseguenz­a che il dossier federalism­o finirà inevitabil­mente al centro della prossima campagna elettorale, cosa che nessuno avrebbe immaginato fino a pochi giorni fa. Anche il tono e lo stile di questa consultazi­one referendar­ia si sono rivelati un successo. A differenza del separatism­o inglese dall’Europa e di quello catalano dalla Spagna, che hanno riempito le urne ma non hanno finora ottenuto niente, questa giornata si è svolta in una cornice costituzio­nale e di responsabi­lità nazionale. Si vede che i proponenti non hanno commesso l’errore di credere che questioni così complesse e delicate possano essere risolte da un voto popolare concepito come un plebiscito. Tanto più adesso spetta alle due Regioni, Veneto e Lombardia, elaborare una proposta politica sostenibil­e, magari insieme ad altre grandi Regioni del Nord come l’Emilia, che sia capace di dare sostanza legislativ­a alla indiscutib­ile manifestaz­ione di volontà provenuta ieri dall’elettorato.

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