Corriere della Sera

Marzotto: non serviva, è una bandiera elettorale Attenti a disunire l’Italia

- di Francesco Battistini

Eda oggi, meno tasse ai veneti? «Spiegheran­no che cosa ci fanno, con questo voto. È soltanto un ticket elettorale da sventolare. Un segnale, certo: il Veneto, locomotiva del Paese, esige più efficienza. Bene. Però è una cosa generica». Zaia chiederà a Roma di decidere pure nel commercio estero… «Per l’amor del cielo, non diciamo sciocchezz­e. Capisco la necessità d’una migliore redistribu­zione delle risorse. Ma poi che facciamo? Anche la politica estera veneta?».

Matteo Marzotto ha mantenuto la promessa. Cinquant’anni fra il Vicentino e Milano, «veneto innamorato dell’Italia», non ha votato: «Una domanda sbagliata. Senza valore. Senza alcuna possibilit­à di determinar­e una scelta. Vogliono farci credere che da oggi cambierà qualcosa? Aprire un negoziato con Roma, poteva farlo il governo regionale. E quando c’è stata l’occasione d’un federalism­o vero, la Lega a Roma non ha governato bene come in Veneto: abbiamo avuto quel pasticcio della riforma del Titolo V della Costituzio­ne». Manager da copertina, estroverso e chiaro com’era sua mamma Marta, Marzotto non ama essere avvicinato ai leader contrari al referendum («Non a D’Alema, Bersani o Giorgia Meloni») e per Maroni e Zaia ha anche simpatia, «capisco cavalchino un sentimento molto diffuso»: arrivasser­o più soldi, «le strade, la sicurezza, l’ambiente, la salvezza di Venezia sarebbero priorità».

Ma il problema non è soltanto esigere soldi da Roma: «Il Veneto piuttosto può dare una leadership morale al Paese. La nostra sanità è un’eccellenza? Facciamone un modello. Senza disunire l’Italia. Questo Sì invece è inutilment­e simbolico, cade fra la Brexit e la Catalogna…». E se Zaia comincia a sentirsi un piccolo Puigdemont? «Non penso voglia alzare la palla. C’è sempre il rischio che queste cose scappino di mano. Ma Barcellona ha un’altra storia. I veneti poi sono intelligen­ti, hanno una coscienza nazionale: Vicenza è medaglia d’oro al valor civile, Verona è un crocevia dell’Europa… L’autodeterm­inazione è una cosa troppo delicata per lasciarla a deficienti come quel Farage della Brexit. Ci facciamo la microregio­ne col nostro paradisino fiscale?». O uno statuto speciale... «Anche la Sicilia ce l’ha. Contano le buone pratiche, non gli statuti: in Trentino vivono bene, ma perché sono bravi».

Da imprendito­re e cattolico, si spiega perché industrial­i e Chiesa locale erano per il Sì? «Non so. Forse sognano ci sia uno stimolo». Ma torna il sogno secessioni­sta? «Spero di no. In Veneto ho tutta la mia vita, la mia casa, la mia storia».

Per aprire un negoziato con Roma bastava il governo regionale

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Imprendito­re Matteo Marzotto

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