Vestirsi da Anmani e Paradi, bere birra Heimekem: la (strana) Cina dei marchi falsi
Imitati e storpiati: così appaiono i grandi brand stranieri
Ultimo piano della palazzina del Mercato della Seta a Pechino: il nuovo reparto alimentari si chiama @eataly. Oscar Farinetti con i suoi prodotti di alta qualità Eataly non è sbarcato in Cina, ma i cinesi hanno pensato bene di portarsi avanti. Imbrogliando.
Nella Repubblica popolare cinese sono specialisti nel copiare e anche immaginifici nell’arte di storpiare e camuffare
Fascia scadente Questi nomi «adattati» in modo ridicolo rappresentano la fascia più scadente dei falsi
i nomi dei marchi. Ci si può vestire da Anmani o da Paradi; mettere al polso un orologio Owega; comprare prodotti elettronici Sonia o Panosaonic.
Qualcuno ha sete? C’è la birra Heimekem: il colore della lattina e il logo sono identici all’originale olandese, cambiano soltanto le enne e magari il sapore. Il cognac può chiamarsi Hessenny. Nell’abbigliamento sportivo spiccano le tre strisce di Odidoss. Poi c’è Pouma. E Nake o Nibe o Nire: il nome è «modificato» ma l’«ala della vittoria Nike» che ha reso riconoscibile ovunque nel mondo il marchio è piuttosto ben riprodotta.
Questi nomi «adattati» in modo ridicolo rappresentano la fascia più scadente dei falsi made in China. La classe media cinese li disdegna e si dedica solo ai costosi originali. E anche nei sei piani del Mercato della Seta ormai ci sono boutique che offrono borsette o scarpe di nuove griffe locali, accanto a quasi-veri forniti da esperti operai e artigiani cinesi che magari hanno fatto esperienza lavorando in fab- briche che producono gli originali.
Un caso inquietante ha riguardato il giornale americano Washington Post, la cui testata è comparsa sul web in un’edizione in mandarino. Ma a Washington non lo sapevano. Se ne è accorto a settembre il Financial Times e ha scoperto che si trattava di un clone.
Sotto la testata, oltre a veri articoli tratti dal quotidiano americano e tradotti in cinese, comparivano anche pezzi presi dall’agenzia di stampa ufficiale Xinhua. Dopo la denuncia la testata «fake news» è scomparsa.