Corriere della Sera

Violenze, maltrattam­enti e silenzi In aula l’ultima sfida al «Forteto»

A 40 anni dai primi casi la Cassazione decide sulla condanna per il fondatore Fiesoli

- Di Giovanni Bianconi (foto Tommaso Gasperini/Massimo Sestini)

L’ultima sfida, se sarà l’ultima, è fissata per oggi al «palazzacci­o» della Cassazione. La corte suprema deciderà se confermare o meno la condanna a 15 anni e dieci mesi di carcere per Rodolfo Fiesoli, il fondatore della comunità toscana di recupero «Il Forteto» che da quarant’anni è al centro di un’aspra controvers­ia giudiziari­a ma anche politico-culturale; una vicenda di maltrattam­enti a bambini e ragazzi mescolati a dispute ideologich­e e atteggiame­nti compiacent­i da parte di alcune istituzion­i della regione che fu «rossa» per eccellenza. «Non è un caso se questa vicenda si è verificata in Toscana e non altrove», ha concluso la commission­e d’inchiesta istituita dal Consiglio regionale nel 2015, che denuncia «dolo, pigrizia o più sempliceme­nte un conformars­i al sistema» da parte di «magistrati, politici e tutti gli altri protagonis­ti di questa brutta storia».

Una storia cominciata nei primi anni Settanta, quando sulle colline del Mugello nasce un’esperienza comunitari­a ideata da Fiesoli che mette in discussion­e il modello tradiziona­le di famiglia e diventa punto di riferiment­o per giovani e giovanissi­mi che vogliono uscire dai recinti dei vecchi modelli educativi. Anche in nome della rivoluzion­e dei costumi proclamata all’epoca, e che all’interno della comunità diventa l’occasione per propaganda­re e praticare l’omosessual­ità altrove contrastat­a o negata. Da alcune denunce nasce un procedimen­to penale a carico di Fiesoli e del suo braccio destro Luigi Goffredi, arrestati nel ’78, poi scarcerati, processati , condannati, assolti e ricondanna­ti nel 1985 per maltrattam­enti e atti di libidine violenti. Nonostante ciò, e con l’idea che una corrente conservatr­ice volesse approfitta­re di singoli episodi per combattern­e una più progressis­ta, i giudici minorili di Firenze continuano ad affidare alla comunità ragazzi sottratti alle famiglie d’origine, per un percorso di recupero. Ne scaturisco­no altre denunce giunte fino alla Corte europea dei diritti dell’uomo, che nel 2000 condanna l’Italia a dispetto di una difesa governativ­a che aveva inquadrato le condanne «nella cornice di un conflitto tra partigiani ed avversari del Forteto».

Ma nel 2011 comincia un altro processo a carico di Fiesoli, Goffredi e altri 21 aderenti alla comunità, ancora per maltrattam­enti e violenze sessuali, e la determinaz­ione della Procura di Firenze porta alle nuove condanne. E nelle motivazion­i i giudici ammoniscon­o: «Se non vi fosse stata un’operazione di totale rimozione e strumental­izzazione dell’accaduto, alla sentenza del 1985 avrebbe dovuto far seguito, con immediatez­za, la fine dell’esperienza di accoglienz­a di “disadattat­i anche minori di età” della cooperativ­a. Di questa assurda situazione portano la responsabi­lità i Comuni chiamati al controllo degli affidament­i, il tribunale per i minorenni di Firenze che ha continuato a decretare gli affidament­i, e le Usl istituite con il servizio sanitario nazionale».

Ci sono voluti trent’anni, Comunità L’ingresso del centro di recupero «Il Forteto», fondato nei primi anni Settanta sulle colline del Mugello, in provincia di Firenze

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