Violenze, maltrattamenti e silenzi In aula l’ultima sfida al «Forteto»
A 40 anni dai primi casi la Cassazione decide sulla condanna per il fondatore Fiesoli
L’ultima sfida, se sarà l’ultima, è fissata per oggi al «palazzaccio» della Cassazione. La corte suprema deciderà se confermare o meno la condanna a 15 anni e dieci mesi di carcere per Rodolfo Fiesoli, il fondatore della comunità toscana di recupero «Il Forteto» che da quarant’anni è al centro di un’aspra controversia giudiziaria ma anche politico-culturale; una vicenda di maltrattamenti a bambini e ragazzi mescolati a dispute ideologiche e atteggiamenti compiacenti da parte di alcune istituzioni della regione che fu «rossa» per eccellenza. «Non è un caso se questa vicenda si è verificata in Toscana e non altrove», ha concluso la commissione d’inchiesta istituita dal Consiglio regionale nel 2015, che denuncia «dolo, pigrizia o più semplicemente un conformarsi al sistema» da parte di «magistrati, politici e tutti gli altri protagonisti di questa brutta storia».
Una storia cominciata nei primi anni Settanta, quando sulle colline del Mugello nasce un’esperienza comunitaria ideata da Fiesoli che mette in discussione il modello tradizionale di famiglia e diventa punto di riferimento per giovani e giovanissimi che vogliono uscire dai recinti dei vecchi modelli educativi. Anche in nome della rivoluzione dei costumi proclamata all’epoca, e che all’interno della comunità diventa l’occasione per propagandare e praticare l’omosessualità altrove contrastata o negata. Da alcune denunce nasce un procedimento penale a carico di Fiesoli e del suo braccio destro Luigi Goffredi, arrestati nel ’78, poi scarcerati, processati , condannati, assolti e ricondannati nel 1985 per maltrattamenti e atti di libidine violenti. Nonostante ciò, e con l’idea che una corrente conservatrice volesse approfittare di singoli episodi per combatterne una più progressista, i giudici minorili di Firenze continuano ad affidare alla comunità ragazzi sottratti alle famiglie d’origine, per un percorso di recupero. Ne scaturiscono altre denunce giunte fino alla Corte europea dei diritti dell’uomo, che nel 2000 condanna l’Italia a dispetto di una difesa governativa che aveva inquadrato le condanne «nella cornice di un conflitto tra partigiani ed avversari del Forteto».
Ma nel 2011 comincia un altro processo a carico di Fiesoli, Goffredi e altri 21 aderenti alla comunità, ancora per maltrattamenti e violenze sessuali, e la determinazione della Procura di Firenze porta alle nuove condanne. E nelle motivazioni i giudici ammoniscono: «Se non vi fosse stata un’operazione di totale rimozione e strumentalizzazione dell’accaduto, alla sentenza del 1985 avrebbe dovuto far seguito, con immediatezza, la fine dell’esperienza di accoglienza di “disadattati anche minori di età” della cooperativa. Di questa assurda situazione portano la responsabilità i Comuni chiamati al controllo degli affidamenti, il tribunale per i minorenni di Firenze che ha continuato a decretare gli affidamenti, e le Usl istituite con il servizio sanitario nazionale».
Ci sono voluti trent’anni, Comunità L’ingresso del centro di recupero «Il Forteto», fondato nei primi anni Settanta sulle colline del Mugello, in provincia di Firenze