Il ritorno di Report con i dipendenti in nero negli uffici pubblici
La puntata di «Report» dell’aprile scorso, incentrata sugli effetti avversi del vaccino contro il papilloma virus, scatenò un putiferio. Ma Sigfrido Ranucci è rimasto saldamente al timone del programma («Certe inchieste si possono fare solo se si ha alle spalle una grande azienda», sottolinea) ed ecco che questa sera alle 21.05 torna su Rai Tre con un nuovo ciclo di inchieste.
Sono già pronti a mobilitarsi i servizi ispettivi dell’Inps: «Istituzioni pubbliche che tengono lavoratori a nero? Trasecolo...», s’indigna Maria Grazia Sampietro, a capo della Direzione Centrale Ammortizzatori sociali dell’Inps, intervistata da Bernardo Iovene, che nella puntata di oggi affronterà il dramma dei «socialmente umiliati», l’esercito dei lavoratori socialmente utili (Lsu) che da 22 anni presta servizio nella pubblica amministrazione, al Comune di Napoli come al Genio Civile di Avellino, svolgendo le mansioni dei dipendenti normali, ma percependo solo un misero sussidio (580 euro mensili) e senza contributi previdenziali.
L’inchiesta di Iovene si occupa degli Lsu nel Sud ma anche dei «tirocinanti» alla Corte d’Appello di Milano o di Bologna, 50enni che tirano avanti con 400 euro lordi. Eppoi ecco i Centri di Impiego, dove bussano i precari in cerca di lavoro trovando agli sportelli altri precari. Senza dimenticare i «borsisti» dell’Istituto Zooprofilattico, fino ad arrivare alle «nuove identità di lavoro» (Nidil) nel settore privato, dove lo sfruttamento avanza e ormai «la precarietà è diventata strutturale», questa la denuncia di Davide Franceschin, della Nidil Cgil di Torino.
Ranucci, erede designato di Milena Gabanelli alla conduzione di «Report», annuncia inoltre una puntata in arrivo
L’inchiesta Dai lavoratori socialmente utili di Napoli ai tirocinanti 50enni di Milano
su imprenditori e politici italiani con società e conti all’estero. Questa sera, invece, oltre all’inchiesta sul lavoro, ci sarà un servizio di Antonella Cignarale sulla dubbia attendibilità degli etilometri. E infine «Cioccolato amaro», reportage di Emanuele Bellano, che arriva fino in Costa d’Avorio per scoprire intere foreste abbattute per far spazio al cacao e bambini di 8 anni che preferirebbero andare a scuola invece che tagliare le piante col machete. E poi c’è chi lo chiama (anche in Italia...) «cacao equo e solidale».