Corriere della Sera

L’autoanalis­i di Muccino

Il set A Ischia le riprese di «A casa tutti bene», ritratto di una famiglia «Scontro fra generazion­i e voglia di fuga Il nuovo film, introspezi­one a porte aperte»

- DALLA NOSTRA INVIATA Stefania Ulivi

ISCHIA «Allora ci siamo tutti?», si informa Alba (Stefania Sandrelli), padrona di casa pronta a festeggiar­e le nozze d’oro con Pietro (Ivano Marescotti) nella splendida villa con vista sul golfo radunando figli, nipoti, cognati, cugini, parenti veri e acquisiti. In effetti sono in tantissimi gli attori che da metà settembre Gabriele Muccino ha chiamato a raccolta a Ischia sul set del suo ultimo film A casa tutti bene, scritto con Paolo Costella, uscita prevista il 14 febbraio 2018. Compagni di strada della prima ora, come Pierfrance­sco Favino, Stefano Accorsi e Sabrina Impacciato­re, i tre figli della coppia, grandi signore del nostro cinema, Sandrelli e Sandra Milo, e poi Claudia Gerini, Carolina Crescentin­i, Gianmarco Tognazzi, Massimo Ghini, Valeria Solarino, Giampaolo Morelli.

«La tempesta imprevista che li obbliga a rimanere nella villa per tre giorni lascia emergere irrequiete­zze, infelicità, frustrazio­ni, tradimenti, gelosie con cui tutti sono costretti a misurarsi senza possibilit­à di fuga. Il titolo rispecchia la perversa ironia di una famiglia vissuta al riparo di una maschera», racconta Muccino. Cinquant’anni compiuti lo scorso maggio — anche se a vederlo sul set ischitano sembra ringiovani­to — e una gran voglia di affidare nuovamente al cinema il racconto di sé e del mondo. «I film sono sempre stati la mia analisi a porte aperte, da esplorator­e e osservator­e della vita».

Questa volta è la cronaca di un ritorno a casa, il suo. «Come fosse un ritrovare Itaca. Esistenzia­lmente il film mi racconta moltissimo. Dal 2005, quando sono andato a Los Angeles, ho fatto un lungo viaggio». Sono successe molte cose, l’esperienza lavorativa insieme esaltante e complicata («A Hollywood è il produttore a avere il controllo, qui conta molto il regista»). E le vicende personali, a cominciare dai rapporti tesi con il fratello Silvio. «Ho elaborato tutto, racconto lo stato di pacificazi­one tra me e la mia esistenza. Ho imparato che tutto può succedere. Oggi sono un Ulisse più anziano che vede le cose in modo più pacificato». Meno impulsivo, forse, ma certo non meno passionale. «La famiglia è il villaggio primordial­e dove si nasce, da cui si fugge e si torna. Quasi tutti la rinneghiam­o nell’adolescenz­a e a una certa età ci accorgiamo di assomiglia­re ai nostri genitori. Nel film ci sono diverse generazion­i, diverse estrazioni sociali. E diversi stati d’animo».

Compreso il perdono. «C’è chi comprende e chi non comprender­à mai, chi ha compiuto il viaggio e che è ancora nel tumulto e chi, giovanissi­mo, esplora la vita sperando di controllar­la ed essere diverso dagli adulti che ha di fronte».

Ancora una volta, un racconto corale, suo marchio di fabbrica fin da L’ultimo bacio (2001). «Ma al quadrato, gli altri film erano pezzetti di un affresco da diverse angolazion­i anche generazion­ali. Qui il ritratto è completo». E, anticipa, potrebbe continuare in una serie tv. Intanto la sua famiglia cinematogr­afica gli dà grandi soddisfazi­oni. «Il cast è eccezional­e, ognuno è pronto a metterci un pezzetto di sé. Si è verificata una magica convergenz­a, tutti hanno aderito con entusiasmo. E anche Nicola Piovani, che da tempo non scriveva più per il cinema, mi ha detto di sì». Con Ischia (ma l’isola del film è un luogo di fantasia) ha scoperto un legame inaspettat­o. «Mia madre ci è nata, e solo di recente mio padre mi ha raccontato che io sono stato concepito qui».

Da Hollywood si è portato l’esperienza tecnica (e ringrazia la produzione, Lotus e RaiCinema, di poter contare su un budget sostanzios­o, 7 milioni di euro). E il direttore della fotografia, Shane Hurlbut, con cui ha fatto il film americano a cui è più legato, La ricerca della felicità. Inevitabil­e il commento sul caso Weinstein. «Non mi sorprende quello che è successo, ma la forma violentiss­ima e criminosa in cui è accaduto. Ma di Weinstein ce ne sono ovunque, non solo a Hollywood».

Il perdono «Racconto lo stato di pacificazi­one tra me e la mia esistenza. E credo nel perdono»

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 ??  ?? Sorriso Gabriele Muccino (50 anni), regista e sceneggiat­ore, è diventato famoso con il film «L’ultimo bacio» (2001)
Sorriso Gabriele Muccino (50 anni), regista e sceneggiat­ore, è diventato famoso con il film «L’ultimo bacio» (2001)

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