Marquez e Rossi da Oscar Ora Dovizioso è spalle al muro
Lo spagnolo trionfa in Australia, titolo a un passo. Vale, rimonta e 2° posto
È la leggenda del motociclista sull’oceano. Marc Marquez sceglie la pista più spettacolare del campionato per vincere e girare scene da Oscar. Per la sesta statuetta — la quarta nella MotoGp — manca ancora l’ufficialità, ma la cerimonia potrebbe tenersi già domenica in Malesia. I 33 punti di vantaggio su Dovizioso adesso sono un argine sicuro, e a due gare dalla fine servirebbe un miracolo per ribaltare il copione interpretato e diretto da MM a Phillip Island. Comparsa la Ducati, anzi le Ducati: il plotone di Desmosedici è disperso fra le onde, il primo dei rossi, Scott Redding della Pramac, è undicesimo.
Dovi è addirittura due caselle indietro, peggio di com’era partito. Il meraviglioso bagno di Motegi, appena una settimana fa, è un ricordo sbiadito: che fosse un tracciato duro per la moto italiana si sapeva ma non fino a questo punto. Davanti se le suonano in sette-otto,
lui li osserva con il binocolo. Un errore allo start lo trascina nei bassifondi e da lì non esce più. Perché? «Qui abbiamo avuto conferma dei nostri limiti, faticavamo soprattutto al centro della curva, in altre occasioni eravamo riusciti a mascherarli». Senza rettilinei importanti e con lunghi tratti
guidati il «motorone» di Borgo Panigale è un’arma caricata a salve, il consumo prematuro della gomma posteriore media ha aggravato la situazione. Eccoli i limiti della Rossa: «Non avevo carte da giocarmi — ammette il forlivese —. Abbiamo perso tanti punti e darò il massimo negli ultimi due
Gp, ma contro un Marc così recuperare è difficile anche se non impossibile».
Nel frullatore australiano lo spagnolo della Honda ha vissuto momenti di panico: incroci ravvicinatissimi, carenate, alla seconda curva rischia il crash con Valentino, poi lascia sfogare il gruppone composto
dallo stesso Rossi, Viñales, Iannone, Miller e Zarco e aspetta il momento propizio per lo scacco matto. La lotta è furibonda, lui, artista del controllo, pensa a rallentare per risparmiare le gomme con Dovi lontanissimo: «Ma da subito, dopo un contatto con Zarco, ho capito che avrei dovuto attaccare o avrei perso molte posizioni. Ma sapevo anche che un piccolo errore poteva costarmi carissimo. Non è stato facile, sono stati tutti molto aggressivi, ne porto i segni sulla moto e sulla tuta. Credo però che le gare vadano affrontate così, altrimenti si abbassa il limite e diventiamo come la Formula 1 dove ogni mossa viene punita».
A cinque giri dalla bandiera scacchi saluta e si libera dei pericoli, quelli dietro giocano per lo spettacolo ed è una danza ipnotica e sfrenata, dove la Yamaha con qualche modifica azzeccata e temperature più miti si trasforma, non solo la numero 46 ma anche quella di Viñales che chiude a podio.
Valentino con la gamba rotta balla e incanta, il secondo posto, festeggiato come un successo, matura dopo un duello infinito senza esclusione di colpi: «Ne ho prese e ne ho date, sorpassi stupidi ma io sono più “stupido” di loro. Se questo è il gioco adesso, io sono pronto».