Emissioni zero e zero autosaloni L’avventura tutta online della Polestar
SCENARI IL NUOVO MARCHIO VOLVO
DALLA NOSTRA INVIATA
Tornare a Shanghai dopo trent’anni è una rivelazione. I fiumi di biciclette che inondavano le strade sono spariti, nell’ora di punta oggi si formano ingorghi di Suv e berline che fanno impallidire i romani del Grande Raccordo Anulare. Il futuro dell’auto è qui. E da qui parte la sfida del brand Polestar, costola di Volvo e del cinese Geely group, che vuol fare le... ruote alla Tesla nella corsa verso il domani, quando guidare una vettura a emissioni zero sarà considerato normale come oggi il divieto di fumo nei ristoranti, e nessuno vorrà più possedere un’auto. Meglio abbonarsi, online, con canone mensile e pacchetto di servizi on demand, cambiando pure modello, ogni tanto, come si fa coi vestiti che stancano.
È l’ultima frontiera dell’E-commerce e il progetto più originale di Polestar, già preparatore delle Volvo sportive, diventato marchio indipendente con tre modelli (a venire) di elettrificate ad alte prestazioni. Ideate in Svezia, made in China. La holding Geely, il maggiore gruppo automobilistico privato cinese che nel 2011 ha acquisito Volvo da Ford per 1,8 miliardi di dollari, lancia il guanto di sfida a Tesla. Per la prima fase, fabbrica hi-tech inclusa a Chengdu, investirà 640 milioni di euro. Poi si vedrà.
Polestar 1, superibrida da 600 cv, a vederla da vicino non ha nulla di fantascientifico. La scheda tecnica parla di un’unità termica abbinata a due motori elettrici. Di una velocità massima di 250 km/h, che scende a 160 in puro elettrico. Dell’autonomia «record», a batteria, di 150 km. Le linee derivano da una concept Volvo: una GT coupé sportiva 2+2, slanciata ed elegante. La base è la versione aggiornata della piattaforma SPA, su cui nascono le Volvo 90 e 60. «Ma con il 50% di pezzi inediti», assicurano gli ingegneri svedesi. Thomas Ingenlath, Ceo di Polestar, ha svelato martedì scorso a Shanghai «lo straordinario contenuto di tecnologia»: in particolare, la carrozzeria in fibra di carbonio, quella delle supercar, che riduce il peso di 230 kg, e i due motori elettrici sull’asse posteriore che assicurano una distribuzione ottimale della coppia a ciascuna ruota. All’interno, l’occhio cade sul pomello del cambio in cristallo che farà la gioia dei nababbi asiatici.
L’aspetto più aggressivo dell’operazione è però la formula di vendita che dice addio all’autosalone. Via portale o app, si configura e acquista con abbonamento a due o tre anni, rata fissa e senza deposito iniziale. Al bisogno, si prenotano manutenzione e servizi personalizzati a domicilio. «Vai in montagna? Noi veniamo nel tuo garage a montare il portasci e finito il weekend lo portiamo via. Parti per un viaggio d’affari? Lascia l’auto in aeroporto, te la facciamo ritrovare all’uscita al tuo ritorno, pulita — spiega Jonathan Goodman, direttore operativo di Polestar —. Niente stress per il cliente, solo il piacere della guida». E con la chiave virtuale Phone-as-Key, chiunque potrà mettersi alla guida (se il proprietario si fida a prestare il suo «diamante» su ruote).
Debutto a metà 2019, obiettivo commerciale 500 pezzi l’anno. Prezzo segreto, che «si aggira sui 130 mila euro». Seguiranno la berlina Polestar 2 — in competizione con Tesla Model 3 — e dal 2021 la Suv Polestar 3, entrambe totalmente elettriche. In linea con la «vision» di Volvo che ha preannunciato modelli solo ibridi o elettrici dal 2019.
Polestar 1 sarà all’inizio venduta nei Paesi più avanzati per network di ricariche elettriche (quindi, Italia esclusa) e ovviamente in Cina, il mercato a più rapida espansione del mondo. Neppure il Grande Firewall socialista, d’altronde, osa censurare il neo-commercio premium online, dominato da una upper class giovane e affamata di status symbol. Il gruppo Volvo sa dove puntare: il 48,5% dei suoi clienti cinesi è under 35. E oltre la Grande muraglia si sogna già una Detroit asiatica.