Corriere della Sera

«La mia Milano deve imparare a essere più lenta»

Il sindaco: bene mezzi elettrici, bici e car sharing, ma ripensiamo i tempi della nostra vita

- Di Maurizio Giannattas­io

Il sindaco di Milano Beppe Sala lancia «la rivoluzion­e del rallentame­nto» nella città «più frenetica d’Italia». Lo ha fatto da Parigi. Dove ha firmato un patto con altri undici sindaci. Obiettivo: creare aree a zero emissioni entro il 2030. «Bisogna insistere sul trasporto pubblico e sullo sharing» dice al Corriere. E poi «dal 2025 si acquistera­nno solo mezzi pubblici elettrici», per questo «chiediamo all’industria di collaborar­e». Ma Milano non deve vivere solo di divieti. «Il mio progetto è di trovare le forme per riumanizza­re la città che non deve correre per 24 ore di fila. Per me gli esercizi aperti giorno e notte sono un errore».

«Da Milano deve partire la rivoluzion­e del rallentame­nto». A dirlo è il sindaco della città più «frenetica» d’Italia. Beppe Sala è a Parigi da sabato. Ha appena concluso il suo intervento a C40 Cities, il network delle metropoli internazio­nali impegnate nella tutela dell’ambiente. Tra il voto sull’autonomia lombarda e la lotta in difesa dell’ambiente ha scelto la seconda, provocando la reazione di Roberto Maroni. Questioni di priorità. Con altri 11 sindaci ha firmato il patto che prevede aree a zero emissioni entro il 2030. Tempi lunghi che contrastan­o però con l’emergenza smog di questi giorni.

Sindaco Sala a Milano l’emergenza smog non finisce mai, cosa bisogna fare?

«Nel breve non si può far altro che applicare i protocolli esistenti, tanto che oggi scatterann­o nuovi divieti per i veicoli merci Euro 4 diesel. Però i protocolli sono utili ma non risolutivi. È il momento di pensare a qualcosa di più drastico».

Che cosa?

«C’è una preoccupaz­ione altissima sul global warming tra i sindaci riuniti a Parigi. Abbiamo ragionato su cosa bisogna fare e su cosa chiedere ai cittadini

Riumanizza­re Il mio pensiero politico è trovare forme per riumanizza­re la città: non si deve correre per 24 ore

per collaborar­e».

Qual è la via di Milano?

«Intanto insistere sul trasporto pubblico e sullo sharing. Un auto in sharing evita 4 auto private. E più biciclette, chiedendo prudenza a chi la usa, ma aiutando la loro circolazio­ne. Poi il Comune deve dare il buon esempio. L’accordo tra i sindaci prevede che dal 2025 si acquistera­nno solo mezzi pubblici elettrici. Chiediamo all’industria di collaborar­e. Non è una crociata contro i diesel, ma è un tema centrale perché a Milano il 65 per cento dello smog da traffico dipende dai motori a gasolio. Noi siamo l’unica città dove in centro non si entra con un diesel Euro 4. Il nostro impegno è di estendere il divieto a tutta la città entro fine 2023».

Cosa chiedete invece ai cittadini?

«Chiediamo di utilizzare l’auto privata solo quando è indispensa­bile, però è il momento di parlare seriamente della logistica merci. Dobbiamo porci l’obbiettivo che entro il 2025 tutto il carico scarico merci in centro sia fatto con mezzi elettrici».

I veicoli sono una parte del problema, l’altra riguarda il riscaldame­nto.

«Sicurament­e noi faremo più controlli sulle caldaie. Ma il vero punto è un altro. Chiedo al governo una sola cosa, ma fondamenta­le per il ricambio delle caldaie: invece di un finanziame­nto del 65 per cento con sgravi fiscali in 10 anni, si finanzi solo il 30 per cento, ma siano subito ridati a chi installa le nuove caldaie. A Milano, quelle a gasolio sono 6.000, basta cambiarne mille all’anno e il problema è risolto».

Molte sono negli edifici comunali.

«Sulle nostre intendiamo dare una spinta forte».

Milano soffre anche una carenza di verde. Le promesse negli anni scorsi non sono state mantenute.

«La rigenerazi­one del territorio porterà a questo risultato. La città leader è Londra. Milano deve piantare più alberi, mettere il verde sui tetti, lavorare su ogni spazio disponibil­e. Dobbiamo decidere quanti e dove piantarli. Un discorso che si allarga necessaria­mente alla città metropolit­ana».

Pensate di aumentare il ticket d’ingresso in Area C?

«No, in questo momento dobbiamo essere fedeli alla nostra strategia di diffusione del trasporto pubblico, poi tra tre o quattro anni se vuoi usare l’auto paghi di più. Ma non è questo il momento».

Altri divieti in vista?

«Più che vietare, vogliamo togliere spazio alle auto. Faccio due esempi: eliminare i parcheggi di superficie in centro per disincenti­vare l’uso delle vetture. Ma anche il progetto della riapertura dei Navigli va in questa direzione. Il mio pensiero politico è trovare le forme per riumanizza­re la città che non deve solo correre per 24 ore di fila. Per me gli esercizi aperti giorno e notte sono un errore. L’idea di “rallentare” credo piaccia a tutti».

Detto dal sindaco di Milano appare strano.

«Vorrei che proprio dalla città dove corrono tutti parta la rivoluzion­e del rallentame­nto. Ripensiamo i tempi della città».

Referendum. Maroni ha

Il referendum Domenica ero con l’ex sindaco di New York Il Nord cerca autonomia, fare chiarezza sulle tasse

detto che poteva fare uno sforzo in più e venire a votare. E che non farà parte della delegazion­e che andrà a Roma a trattare con il Governo.

«Ho visto che Maroni mi ha garbatamen­te rimprovera­to perché non sono andato a votare. Domenica mattina alle 8 e 30 avevo appuntamen­to a Parigi con l’ex sindaco di New York, Bloomberg la cui Fondazione vuole finanziare delle iniziative a Milano. Inoltre non ho mai chiesto di far parte della delegazion­e, né voglio farne parte. Ho già molto da fare di mio. Ho detto solo che se il referendum è stato bipartisan, allora Giorgio Gori deve essere coinvolto».

Che giudizio dà del risultato del voto in Lombardia?

«L’affluenza non è stata quella attesa, ma rimane il fatto che c’è una pressione dei cittadini del Nord alla ricerca di una maggiore autonomia. Però vedo che si gioca ancora sull’equivoco delle tasse: se qualcuno ritiene che siamo andati a votare per ridurci le tasse deve spiegarci come, in che tempi e con quali strumenti. Altrimenti si svilisce il senso del referendum».

Milano ha il più alto tasso di astensioni­smo. Perché?

«Milano l’autonomia se l’è già presa, noi rappresent­iamo un microsiste­ma dove ognuno fa la sua parte e la fa bene e che quindi funziona. L’astensioni­smo lo trovo significat­ivo e un po’ lo capisco».

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Summit a Parigi Da sinistra, Eric Garcetti, sindaco di Los Angeles; Anne Hidalgo, sindaca di Parigi; Michael Bloomberg, ex sindaco di New York; Ada Colau, sindaca di Barcellona; Beppe Sala, sindaco di Milano

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