Legge elettorale, caos al Senato sulla fiducia Mdp va al Quirinale: via dalla maggioranza
Renzi: la nostra scelta è legittima. Mdp sale al Quirinale. Il no di cinque senatori pd
Il governo pone la fiducia sulla nuova legge elettorale anche al Senato: scoppia il caos in Aula. Mdp annuncia: «Usciamo dalla maggioranza». E va al Quirinale. M5S e Sinistra italiana sollecitano il voto segreto su alcune pregiudiziali, il «no» del presidente Grasso scatena la protesta: senatori grillini con gli occhi bendati. Oggi alle 14 la prima chiama dei 5 voti di fiducia sul Rosatellum 2.0.
ROMA Al termine di una giornata nervosa è arrivata la mossa politica di Articolo 1-Mdp che, in serata, ha inviato al Quirinale i suoi capigruppo, Cecilia Guerra e Francesco Laforgia, per formalizzare nelle mani del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, l’uscita dalla maggioranza di governo dei bersaniani.
Al Senato, la scena mediatica l’aveva rubata Loredana De Petris (Sinistra italiana), con l’occupazione della poltrona del presidente Pietro Grasso per protestare contro i 5 voti di fiducia chiesti dal governo sulla legge elettorale in modo da evitare 43 voti a scrutinio segreto. Poi, i riflettori se li erano ripresi i grillini, con le bende bianche calate sugli occhi e l’«invasione» dei banchi del governo. Ma poi Mdp ha dato il segno alla giornata.
Da ieri, dunque, 42 deputati e 16 senatori bersaniani sono all’opposizione. E già oggi, in Aula a Palazzo Madama, il mandato per il gruppo di Articolo 1-Mdp è quello di indebolire il Pd e il governo Gentiloni in vista di una campagna elettorale fratricida nel campo del centrosinistra. Al Senato, la prima opzione per i bersaniani è quella di votare no alle cinque fiducie chieste su altrettanti articoli della legge elettorale; la seconda scelta, perfida nei confronti del segretario dem Matteo Renzi, è quella di assentarsi al momento del voto per far saltare il numero legale, costringendo così il Pd a chiedere un massiccio intervento del «soccorso azzurro» già assicurato da Forza Italia e dai verdiniani di Ala.
Forzando i tempi, strozzando il dibattito, blindando il testo uscito dalla Camera, il governo stima di portare a casa la legge elettorale — il Rosatellum, un terzo maggioritario e due terzi proporzionale — domani poco dopo le 12, quando in diretta tv sono in programma le dichiarazioni dei partiti prima del voto finale a scrutinio palese. La maggioranza trasversale è assicurata perché il Rosatellum è sostenuto da Pd, Ap, FI, Lega, Scelta civica, Svp e cespugli vari.
La doppia fiducia (alla Camera e al Senato) sulla legge elettorale ha offerto al senatore Miguel Gotor (Mdp), docente di storia, il destro per un atto di accusa contro il Pd: «Si vuole una legge che non dia alcun vincitore in modo da rendere inevitabile l’abbraccio con Berlusconi e Verdini». «La fiducia è un atto legittimo, il resto è discussione autoreferenziale» replica Matteo Renzi. E grande attesa c’è per l’intervento in Aula del presidente emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano, che oggi alle 12 articolerà le ragioni di metodo e di merito che lo hanno fatto dissentire da un testo blindato sul quale non è stato possibile inserire pur minime correzioni da parte dei parlamentari. Con queste motivazioni, nel Pd, Vannino Chiti, Walter Tocci, Claudio Micheloni, Luigi Manconi e (forse) Massimo Mucchetti non parteciperanno ai voti di fiducia.
Che al Senato la giornata avrebbe riservato sorprese lo si è capito in commissione Giustizia dove il governo è andato sotto due volte sul ddl collaboratori di giustizia. Con il Pd assente, è passato un emendamento di Corradino Mineo di SI, votato da Felice Casson di Mdp, sul quale il governo era contrario. Scena ribaltata, poi, su un ordine del giorno di Michele Giarrusso (M5S) che chiede al governo di allungare i 180 giorni oggi concessi ai «pentiti» per fare la loro dichiarazione di intenti: stavolta il Pd ha votato sì, in conformità con il relatore dem Giuseppe Lumia, ma contro il parere della sottosegretaria Federica Chiavaroli (Ap). Incidenti di percorso alle vigilia della sessione di bilancio.
Governo battuto L’esecutivo due volte sotto in commissione Giustizia sulle norme per i testimoni