Gentiloni apre sull’autonomia
Il premier: no a lacerazioni. Il governatore lombardo allo stesso tavolo con Bonaccini
Lo spirito autonomista di Lombardia e Veneto è tanto forte che si esplicita anche nel modo in cui le due Regioni intendono procedere nella partita che ha avuto nei referendum di domenica il calcio d’inizio. La prima, infatti, farà asse con l’Emilia-Romagna a guida Pd (che pure ha scelto di bussare direttamente alla porta di Roma) nel confronto con il governo. La seconda procederà in solitudine.
Già lunedì erano emerse le prime differenze tra le due Regioni di marca leghista. Mentre il veneto Luca Zaia sfornava, oltre al resto, un disegno di legge per aggiungere il Veneto alle 5 Regioni a statuto speciale («non è una provocazione» ha scritto ieri su Fb), il lombardo Roberto Maroni rimaneva nel solco della richiesta di poter gestire le 23 materie di competenza esclusiva o concorrente dello Stato. Ieri c’è stata un’accelerazione che ha reso plastica la distanza. Il sottosegretario agli Affari regionali, Gianclaudio Bressa ha annunciato che il 6 novembre si terrà un tavolo unico Emilia Romagna-Lombardia. Una richiesta avanzata da Maroni via telefono al governatore emiliano Stefano Bonaccini e fatta propria dal rappresentante del governo. «Mettiamo da parte le polemiche e ragioniamo concretamente» ha chiarito l’ex ministro dicendosi disponibile a coinvolgere anche il governatore pugliese Michele Emiliano, che si è detto interessato a sua volta ad acquisire competenze autonome. Dal Veneto, invece, nessuna richiesta, segno che Zaia intende procedere in tempi e modi autonomi. Lo conferma il leader leghista Matteo Salvini: «Non è privo di senso che procedano in modo separato, ma la Lega è una sola». Un modo per mettere a tacere anche le voci di dissapori interni dopo la fuga in avanti veneta.
La disponibilità del sottosegretario traduce in concreto l’apertura fatta dal premier Paolo Gentiloni: «Siamo pronti a un confronto di merito sull’autonomia — ha detto ieri mattina a Marghera — nei limiti fissati dalle leggi e dalla Costituzione. Il Paese non ha bisogno di ulteriori lacerazioni sociali».
Ieri Maroni ha spiegato al consiglio regionale che vuole «una trattativa vera». Per il governatore ci sarebbero le condizioni politiche per arrivare, entro due-tre settimane, all’approvazione di una risoluzione all’unanimità. Per ora ha l’ok convinto di Lega, Forza Italia e FdI e quello di massima di M5S. Il Pd è disponibile a unirsi purché, ha ammonito il segretario regionale Alessandro Alfieri, «non si vada a chiedere o tutto o niente».