Corriere della Sera

La strategia degli ex dem: far saltare il numero legale Il soccorso dei verdiniani

Barani: non vogliamo che la legislatur­a muoia

- Monica Guerzoni

ROMA Tra la buvette e il salone Garibaldi, dove il grido «vergogna!» che si alza da piazza Navona arriva solo con i lanci di agenzia, gli azzurri sono già in festa e pregustano il brivido del ritorno al governo. Più felici ancora, se possibile, sono i senatori di Verdini. Eccone uno, con lo sguardo fisso allo schermo che rimanda l’Aula in tempo reale: «C’è la fiducia, evvai! La legge di Denis è salva».

A sera, quando la delegazion­e di Mdp scende dal Colle più alto dopo aver ufficializ­zato al presidente Mattarella l’uscita dalla maggioranz­a, i verdiniani si scatenano. Lucio Barani, profession­e chirurgo, attinge al vocabolari­o ginecologi­co per dire che sì, con il via libera alle cinque fiducie atteso per oggi il gruppo Ala diventereb­be il «salvavita» del governo: «Abbiamo fatto il dna al figlio e abbiamo visto che lo abbiamo concepito noi». Fuor di metafora, senatore Barani? «Il Rosatellum è la stessa legge che abbiamo depositato noi sei mesi fa». Verdini è entrato in maggioranz­a? «Diciamo che manterremo il figlio passandogl­i l’assegno mensile — ride soddisfatt­o Barani —. Non vogliamo che muoia, fino alla scadenza naturale».

Il «soccorso verdino» potrebbe imbarazzar­e non poco il governo e il Pd, nel caso in cui i senatori di Ala diventasse­ro determinan­ti. D’Alema, Bersani e Speranza faranno di tutto per far risaltare il passaggio di testimone agli ex berlusconi­ani. «Con il voto sul Rosatellum si appaleserà la nuova maggioranz­a», dà valore alla mossa politica di Mdp la capogruppo Cecilia Guerra. E il vice Federico Fornaro rivela la strategia: «Se decidiamo di non partecipar­e al voto, come i 5 stelle, la legge finisce in una zona ad altissimo rischio».

E qui entra in gioco Paolo Romani, impegnato a spandere ottimismo tra gli azzurri. Per l’ex ministro di Berlusconi è «la legge da sempre sognata», tanto che i fedelissim­i l’hanno ribattezza­ta «Romanellum». Pur di vederla approvata, il presidente dei senatori azzurri vive ormai in filo diretto con il suo omologo del Pd Luigi Zanda. «Questa legge realizza tutte le nostre aspirazion­i — si prepara al brindisi Romani —. C’è l’impianto proporzion­ale e c’è la coalizione, ci sono sia i collegi che i listini corti... Se prendiamo la Sicilia, arriviamo a Palazzo Chigi». Perché lei e Zanda siete inseparabi­li? «Ci sentiamo molte volte al giorno, anche la domenica». Un lavoro di sponda per disinnesca­re l’unica vera mina piazzata sotto la legge, il numero legale. «Ci sarà fisiologic­amente», fa scongiuri Romani. Ma poiché il blitz è nell’aria il capogruppo ha già allertato i suoi: «Se la legge rischia, alcuni di voi entreranno in Aula e voteranno contro la fiducia».

E mentre sugli smartphone dei dem rimbalza via sms il monito del segretario d’aula Francesco Russo («Annullati tutti i congedi e tutte le missioni»), Maurizio Gasparri inforca gli occhiali e fa di conto: «Il Pd ha 98 senatori e se anche i dissidenti dem fossero otto, Renzi ne avrebbe 90. Ap ne conta 24, dal Misto i sì sono 12 e siamo a 124. Una quindicina le Autonomie, 14 i verdiniani e bastano due o tre del Gal...». I nomi, senatore. «Naccarato farà la rivoluzion­e? No, ecco che il problema non sussiste — ride il vicepresid­ente del Senato —. Se pure il numero legale fosse a 151, ci saremmo ampiamente». E dopo, larghe intese con Renzi? Gasparri si toglie gli occhiali e ne spara una delle sue: «La cosa più difficile sarebbe convincere il Pd».

La contromoss­a di FI Se ci saranno troppe assenze alcuni di FI entreranno in Aula e voteranno contro

Questa legge realizza le nostre aspirazion­i Con Zanda ci sentiamo molte volte al giorno Paolo Romani

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