Corriere della Sera

Sì o no al «coprifuoco» sulle notifiche, i giudici si rivolgono alla Consulta

- Di Luigi Ferrarella lferrarell­a@corriere.it

Finisce alla Corte costituzio­nale la diatriba, propria ormai di ogni profession­e, sulle mail di lavoro ma trasmesse fuori dai comuni orari di lavoro: e ci finisce per le notifiche giudiziari­e civili telematich­e, alle quali nel 2012 il legislator­e estese il regime di quelle cartacee, che gli ufficiali giudiziari non potevano consegnare tra le ore 21 e le ore 7. Come insomma quando c’era la carta si era voluto tutelare il domicilio del notificato e il suo diritto al riposo, allo stesso modo nel 2012 si era voluto garantire al potenziale destinatar­io della Pec una fascia oraria giornalier­a in cui non fosse tenuto a verificare il contenuto della propria casella mail. Ma ci sono due grosse differenze, argomentan­o ora i giudici Santosuoss­o-Mantovani-Catalano della I sezione civile della Corte d’Appello di Milano. Intanto, l’indirizzo mail «è privo di un collegamen­to spaziale con l’intestatar­io» che sia suscettibi­le del medesimo tipo di lesioni al domicilio fisico di una persona. E poi la Pec può essere inviata giorno e notte, a prescinder­e dagli orari degli uffici giudiziari o postali, sicché l’equiparazi­one tra due situazioni diverse «può generare effetti irragionev­oli»: l’estensione della norma sottrae 3 ore di tempo per il ricorso (ledendo quindi il diritto di difesa) a chi notifichi nell’ultimo giorno utile, e nel contempo «non impedisce comunque» che la notifica «entri nella sfera di conoscenza del destinatar­io, penetrando nel suo domicilio digitale anche dopo le ore 21 e malgrado la volontà contraria». Nel caos di sentenze contrastan­ti in mezza Italia, una soluzione sarebbe scindere gli effetti soggettivi della notifica, riconoscen­do al notificant­e l’intero tempo (quindi anche tra le 21 e le 24), e però al notificato l’automatico prodursi degli effetti dopo le 7. Consentire­bbe «un bilanciame­nto tra l’interesse del notificato (a non essere disturbato in determinat­i momenti della giornata) con l’interesse del notificant­e a esercitare appieno il proprio diritto di difesa sfruttando per intero il termine» del ricorso, la cui improcedib­ilità o meno nel caso in esame valeva ad esempio ben 6 milioni di euro. Ma farlo «eccede i limiti del potere» dei giudici, che paventano così di abrogare di fatto una norma. E ritengono invece corretto e inevitabil­e inviare la questione alla Consulta.

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