UNO SCIOPERO INVETTIVA CONTRO IL «LIBERISMO» RISULTATO, IL CAOS
Quando un politico da talk show viene messo alle strette oppure è a corto di argomentazione accade spesso che se la prenda con il liberismo. Non è un’operazione complicata, consente di catturare almeno nell’immediato una buona fetta di consenso e in qualche maniera assegna al protagonista un posizionamento nobile. Di quello che non fa polemiche contingenti ma ha il coraggio di mirare in alto. Ormai siamo abituati e tutt’al più la performance televisiva finisce per alimentare l’ironia della Rete. Amen. Ora però il fantasma del liberismo esce dagli studi televisivi e diventa addirittura il primo punto della piattaforma con cui è convocato uno sciopero generale nazionale. Sembra un film di Nanni Moretti e invece è l’Italia di fine 2017 dove i Comitati Unitari di Base (Cub) hanno deciso per venerdì 27 ottobre di bloccare il Paese in nome, appunto, della lotta al Leviatano. Dopo il liberismo la piattaforma va giù piatta ed elenca tutti gli altri mali dell’universo. Nell’ordine: a) le privatizzazioni; b) le liberalizzazioni; c) il sistema che genera disuguaglianze; d) le politiche di genere; f) quelle verso i migranti. Fine. Non c’è nessuna rivendicazione precisa, nessun obiettivo a breve, nessun caso aziendale particolarmente spinoso e la proposta è quella di scioperare per abbaiare alla luna. Si potrà obiettare che in questo nostro tempo ci sono mali ben più gravi della megalomania dei Cub, il guaio però è che lo sciopero-invettiva ha un unico evidente scopo: tentare di gettare nel caos il trasporto pubblico delle grandi città e grazie al solo annuncio impedire a migliaia di onesti lavoratori di fare il loro dovere. Non a caso l’ultimatum al liberismo è stato piazzato di venerdì, giorno magico degli inutili scioperi dei trasporti che funestano da anni e anni il Paese. Qui mi fermo. Dovrei parlare dell’altrettanto inutile «garante degli scioperi» ma dopo sarei costretto a sorbirmi l’ennesima sua lettera in cui mi boccia in diritto del lavoro. Anche no.