Corriere della Sera

I fanti di Caporetto martiri vilipesi

- Rafgambard­ella@gmail.com di Gian Antonio Stella

Dovendomi recare da Roma a Messina, ho scelto di andarvi in treno. Pensavo: il viaggio è un po’ lungo, ma in prima classe è comodo. Potrò leggere e occupare un po’ di tempo mangiando qualcosa. Non è che pensassi che in un Intercity ci fosse la carrozza ristorante ma, almeno, un posto dove prendere un tramezzino. Pia illusione! Su un treno in partenza da Roma alle 7.20 con arrivo alle 19 a Palermo, per quasi 12 ore non si può avere neanche una bottiglia d’acqua. Però per Milano ci sono treni che a prezzi stracciati portano a destinazio­ne in 3-4 ore, offrono il giornale e dove si può mangiare qualcosa.

Raffaele Gambardell­a entile signora, ancora una volta la suadente Nike ci ha baciato in fronte! Ancora una volta la tracotanza nemica è doma! Sotto un cielo apocalitti­co siamo stati attori di gesta fantastich­e e la morte ci ha sfiorati le mille e mille volte senza toccarci! Oh, che importano gli inenarrabi­li sacrifici, se di novelle fronde di gloria virideggia il sarto della Gran Madre Patria, dell’Italia nostra? Le bacio la mano. Gian Galeazzo».Poche parole spiegano cosa fu la guerra di cento anni fa quanto un’amarissima vignetta con quattro immagini del libro «La guerra è bella ma scomoda» illustrato da quel genio di Beppo Novello e scritto da Paolo Monelli. Nella prima il tronfio ufficiale nel calduccio dell’ufficio si pavoneggia scrivendo all’amata della morte che «ci ha sfiorati le mille e mille volte»… Nella seconda un alpino esausto scrive alla moglie poche parole stanche: «Cara Teresa, vengo con questa mia per dirti che sto bene come spero di te. Ho ricevuto il farsetto a maglia. Sta tranquilla. Tonio». Nella terza il fante, sotto le granate che scoppiano, può vergare solo un paio di parole per dire che è vivo: «Vostro Cesare». Nella quarta c’è un soldatino morto, le scarpe al sole. E una pagina bianca. Viene in mente l’infame bollettino di Cadorna dopo Caporetto che scaricava la disfatta sui soldatini: «La mancata resistenza di reparti della 2ª Armata, vilmente ritiratisi senza combattere…». Falso. Lo scriverà lo stesso Erwin Rommel: «Al reparto italiano venne a mancare un’azione di comando energica e conscia dei propri obiettivi». Sbagliaron­o gli ufficiali. Quei fanti in rotta, però, ricorda nel ‘21 un giovane medico, Filippo Petroselli, le cui memorie («Ospedale da campo») sono state pubblicate da Rubbettino a cura di Gianni Scipione Rossi, sono dei martiri. Eppure, «macinati per ventisei mesi dal destino e dagli uomini, sono additati al vilipendio della nazione e costretti a girar per le strade con le scritte a tracolla: «traditori della patria». Era furente, Petroselli: «Non dite che il soldato italiano ha tradito. No! Silenzio, turpe gazzarra di pescecani, imboscati, vigliacchi, eroi del caffè, meccanici a ottanta lire al giorno, vecchi rimbambiti, ruffiani e puttane arricchite. Tacete, grugniti, attorno al nome santo del fante d’Italia. Ricordate che egli tutto ha dato e non ha fatto che soffrire e morire. Era comodo impinguar la borsa senza fatica e senza pericolo. Era comoda la vostra vita di guerra, la profession­e del patriottar­do e gridar: “Resistere! Resistere!” davanti ad un cappone fumante, la stufa accesa e la mantenuta al fianco…».

«Viaggi di 12 ore senza mangiare e bere»

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy