«Sono stato scrutatore, senza poter scrutinare»
Ho partecipato come scrutatore al primo voto elettronico in Lombardia. Prima ho scoperto che nulla è cambiato per l’identificazione/registrazione degli elettori e la verbalizzazione dell’attività del seggio. Poi ho scoperto, alla fine delle votazioni, che mi chiamavo scrutatore ma non partecipavo allo scrutinio. Questo veniva fatto dall’apparecchio elettronico.
Il presidente stampava il riepilogo con voti e preferenze (art. 85 Istruzioni) e in caso di non corrispondenza con il numero di votanti verbalizzati, prevaleva il report dell’apparecchio (art.87). Né io, né il presidente, né l’elettore potevamo controllare che il voto espresso corrispondesse a quello inserito nella Vm (Voting macchine) e che invece un software apposito producesse risultati pianificati per ogni sezione. «Ma le Vm sono certificate!», direbbe Roberto Maroni. Ma finora — dico io — la democrazia era certificata dagli stessi elettori nel corso delle operazioni di rito non dalla certificazione di una società magari del genero del governatore. Penso a quello che ha scritto Gustavo Zagrebelsky qualche giorno fa: ormai gli elettori italiani sono i diseredati della politica: non solo non devono capire come il loro voto verrà utilizzato ma neanche devono poterlo controllare quando votano. Giovanni Ernani, Pavia Il lettore racconta la sua esperienza come scrutatore al «voto digitale» in occasione del referendum in Lombardia