Airbnb: al governo la richiesta di semplificare la normativa E dimezzare la cedolare secca
Istituzione di una tariffa proporzionale al prezzo per l’imposta di soggiorno, semplificazione della normativa e cedolare secca al 10%. Oggi al tavolo con il governo e Agenzia dell’Entrate, Airbnb si presenta così. Con queste proposte. Il mese scorso infatti è stato avviato il confronto per superare lo stallo venutosi a creare con l’introduzione della cedolare secca al 21% sugli affitti brevi. Ma tra ricorsi e pronunce del Tar, la questione della tassazione sulle locazioni brevi sembra ancora lontana dall’essere risolta.
«La cedolare secca ha funzionato storicamente — spiega Alessandro Tommasi, public policy manager Airbnb — perché ha fatto emergere il 40% del nero sul mercato tradizionale degli affitti. Noi vogliamo che la stessa logica sia applicata sugli affitti brevi ma così com’è, la legge ci mette nell’impossibilità di adempiere al nostro dovere». La norma contenuta nella manovrina di primavera prevede che gli intermediari delle locazioni turistiche raccolgano le tasse dovute dai proprietari di casa per conto del Fisco e glieli trasmettano. Obblighi fin da subito (e per varie ragioni) contestati dagli operatori che si sono rivolti anche al Tar per una sospensione d’urgenza (negata). I giudici si sono riservati di approfondire la questione in sede di giudizio di merito e oggi il confronto con il governo prosegue a livello istituzionale.
«Noi chiediamo una cedolare secca al 10%» spiega Tommasi e quando gli si fa notare che è meno della metà rispetto a quella stabilita per legge, aggiunge: «La nostra proposta è in linea con quanto previsto attualmente per i canoni concordati 3+2 e andrebbe applicata solo ai non professionisti che si affidano a piattaforme o intermediari». Ma oltre al Mef, Airbnb dovrà vedersela con i competitor tradizionali riuniti dalle associazioni di categoria come Federalberghi: «La cedolare con aliquota al 21% è già uno sconto - hanno fatto sapere gli albergatori - visto che quella minima per i comuni cittadini è al 23%. Non si vede per quale motivo, chi mette in affitto dieci o cento appartamenti, debba godere di un trattamento di favore».