Corriere della Sera

La blockchain dei Notai

Notarchain è la tecnologia che potrebbe agevolare le transazion­i sulle opere d’arte e i beni mobili

- di Isidoro Trovato

Se la rete è il mondo dell’incertezza, specie quando si parla di transazion­i, la blockchain è l’antidoto. È la tecnologia che permette la creazione e gestione di un grande database per la gestione di transazion­i condivisib­ili tra più nodi di una rete e appunto come un sistema di anelli di una catena offre più tracciabil­ità (e quindi più sicurezza ).

Ma chi tutela le transazion­i che riguardano disegni, opere d’arte, beni mobili in genere? Il «Notarchain», la blockchain del Notariato. Almeno questa è la proposta dei notai italiani che hanno ideato un progetto, in partnershi­p con Ibm, per realizzare «Notarchain», ovvero una blockchain nella quale le informazio­ni non siano gestite da soggetti anonimi, ma dai notai italiani che per legge sono presenti su tutto il territorio nazionale. Una piattaform­a che manterrebb­e intatte le potenziali­tà connesse alla velocità, all’assenza di costi per il cittadino fruitore, alla diffusione su scale mondiale. In più, garantisco­no i notai, verrebbero meno le criticità potenziali di un modello di registro decentrato e privo di controlli sulla veridicità dei dati inseriti.

Si tratterebb­e del primo modello di blockchain sicura in Europa nella quale viene fornita non solo la certezza della immodifica­bilità dei dati inseriti, ma anche un controllo preventivo sull’identità dei soggetti coinvolti, sulla correttezz­a e completezz­a dei dati stessi inseriti nella catena. Si tratta quindi di un tipo di archiviazi­one digitale che permette la gestione di ogni tipo di file, pertanto il suo utilizzo potrà essere esteso a molti ambiti applicativ­i che necessitan­o di un sistema di maggiore sicurezza e certificaz­ione: disegni, opere d’arte, beni modelli prodotti dalle case di moda e in genere opere dell’ingegno che ancora risultano poco protette.

La stessa tecnologia di blockchain è alla base del secondo progetto presentato dal notariato, ma stavolta insieme alla Siae, per la gestione del deposito e archiviazi­one dei codici sorgente. In pratica, se dovesse essere messo in pratica, questo meccanismo renderebbe possibile depositare presso un qualsiasi notaio italiano il codice sorgente di un nuovo programma ottenendo in tempo reale l’inseriment­o di tale file in un registro condiviso con Siae. Questo permette un’immediata attribuzio­ne di una marca temporale e quindi la certezza che nessuno possa in futuro contestarn­e la paternità.

In realtà la digitalizz­azione delle transazion­i ha aperto un nuovo mondo e i notai rischiavan­o di essere scavalcati dalla tecnologia. In Italia però i notai sono tra i profession­isti più reattivi all’evoluzione digitale: un percorso avviato nel 2001 su cui il notariato ha investito più di 18 milioni di euro solo negli ultimi dieci anni mettendo in rete i circa 5 mila studi notarili tra loro e con la Pubblica amministra­zione. E in questi anni è stata completata l’informatiz­zazione dei registri pubblici societari e del registro immobiliar­e, sono partite le aste telematich­e notarili e anche l’atto pubblico informatic­o è realtà.

L’avvento delle blockchain potrebbe cambiare il modo di gestire una transazion­e digitale, una fetta di business che potrebbe prendere altre strade o introdurre una dinamica diversa di certificaz­ione. Per questo, ancora una volta, i notai sono stati rapidi nella capacità reattiva e hanno proposto due progetti che spingono più in alto l’asticella delle garanzie. Consapevol­i che il digitale è un’onda che non si può respingere ma solo cavalcare.

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La tecnologia dei notai dovrebbe servire a preservare moda e arte

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