La «ritirata» dei private equity
(m.d.b.) «L’economia è ripartita, la dinamica degli investimenti è in linea con la crescita europea, ciò che invece continua a confermare un andamento mediocre è l’appeal della finanza alternativa al credito bancario». Il presidente dell’Associazione italiana dei fondi d’investimento (Aifi) Innocenzo Cipolletta non rievoca il recente giudizio dell’ad della Cassa depositi e prestiti Fabio Gallia — «un’area a fallimento di mercato» — ma ci va vicino nel riportare i dati al primo semestre 2017 del mercato del private equity e del venture capital in Italia. Numeri che descrivono una raccolta ancora (troppo?) influenzata dai fondi istituzionali (1,2 miliardi raccolti fino a giugno, di cui 711 per il fondo salva-imprese QuattroR di Cdp) e di un monte investimenti in calo del 61% a 1,9 miliardi anch’esso risultato del venir meno, nella prima parte dell’anno, della spinta pubblica (responsabile, nel solo 2016, di oltre 6 miliardi di euro riversati sul mercato). E mentre la Bei ha annunciato un investimento di 21,6 milioni in Italia Venture I, Cipolletta aggiunge: «La Borsa corre, ma nel 2018 il prospettato aumento dei tassi potrebbe dirottare maggiori flussi di denaro sui fondi di venture capital. Già il fatto che la raccolta privata sia appannaggio in maniera sempre più consistente di investitori individuali e di family office è un buon segnale in questo senso». Considerazione, ovviamente, al netto del paragone con i competitor europei: in Francia, solo per fare un esempio, da gennaio all’estate sono stati raccolti 8,1 miliardi di euro e ne sono stati reinvestiti 6,4.