Corriere della Sera

Neri alla tavola dei bianchi

Il primo volume della trilogia «March» (Mondadori Ink) sul razzismo negli Usa

- di Antonio Carioti @A_Carioti

Sembra un po’ matto quel bambino afroameric­ano — così mite, pio e studioso — che predica ai polli e battezza i pulcini nella piccola fattoria della sua famiglia in Alabama.

D’altronde ci voleva davvero una certa vena di follia per opporsi alla segregazio­ne razziale, tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, nel profondo Sud degli Stati Uniti, dove lo spirito di rivalsa per la sconfitta dei confederat­i nella guerra di Secessione e la successiva occupazion­e militare nordista si era rovesciato con inaudita violenza sugli ex schiavi, ora formalment­e «liberi», ma privati di gran parte dei diritti civili da una infame legislazio­ne razziale.

Lo splendido volume March. Libro uno (traduzione di Giovanni Zucca, Mondadori Ink, pagine 121, 17) è la parte iniziale di una pluripremi­ata trilogia autobiogra­fica a fumetti scritta da John Lewis — nato nel 1940, deputato tuttora in carica al Congresso di Washington e protagonis­ta delle lotte non violente per l’emancipazi­one dei neri — insieme ad Andrew Aydin, con i disegni strepitosi e commoventi di Nate Powell.

Tutto comincia sul ponte Edmund Pettus (siamo sempre in Alabama), teatro del brutale pestaggio di Lewis e altri attivisti da parte della polizia il 7 marzo 1965, durante la famosa marcia da Selma a Montgomery organizzat­a dal movimento per i diritti civili guidato dal reverendo Martin Luther King.

Poi si torna indietro agli anni dell’infanzia e della giovinezza di John, in un Sud razzista dove anche chiedere di essere servito alla tavola calda di un grande magazzino era per un afroameric­ano un atto di notevole coraggio, che poteva costare assai caro.

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