Corriere della Sera

Pensioni, la frenata del Pd: rivedere l’aumento a 67 anni

Martina e i dubbi sull’ «innalzamen­to automatico»

- Voltattorn­i

Il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina chiede «di rivedere l’aumento automatico» dell’età pensionabi­le a 67 anni. «Non tutti i lavori sono uguali», ha proseguito Martina, e «non tutti i lavoratori hanno le stesse aspettativ­e di vita». I tempi per la discussion­e parlamenta­re, fa notare, ci sono. Con lui si schiera il ministro del Lavoro Giuliano Poletti.

Da un lato c’è l’Istat, che certifica l’aumento di 5 mesi dell’aspettativ­a di vita a 65 anni, facendo salire l’età pensionabi­le, dal 2019, a 67 anni. Dall’altro, la Corte costituzio­nale, che dichiara legittimo il «bonus Poletti» e quindi «salva» gli adeguament­i per il biennio 2012-2013 solo per le pensioni fino a 6 volte il minimo consentend­o allo Stato una spesa di soli 2,8 miliardi di euro contro i 24 stimati. In mezzo il caos sulle pensioni con critiche e bocciature da tutti i fronti.

Contro la decisione della Consulta, tanto per cominciare. Ieri i giudici hanno respinto le censure di incostituz­ionalità del decreto legge 65/2015, il cosiddetto «bonus Poletti», ritenendo che la mini perequazio­ne decisa nel 2015 «realizzi un bilanciame­nto non irragionev­ole tra i diritti dei pensionati e le esigenze della finanza pubblica». Il bonus sanava la situazione creatasi dopo la sentenza della Corte costituzio­nale che aveva bocciato il blocco dell’indicizzaz­ione per il biennio 2012-13 deciso dal governo Monti. Il bonus «salvava» la rivalutazi­one sugli assegni fino a 6 volte il minimo, lasciando fuori però, secondo i ricorrenti, «oltre 6 milioni di persone».

Ma la Corte, ritenendo non irragionev­ole la soluzione del bonus, considera coerente la sentenza di ieri con quella del 2015, come emergerà dalle motivazion­i. Il governo tira un sospiro di sollievo: lo Stato rischiava una spesa di 30 miliardi. Per la Cisl è «un’altra beffa ai pensionati», mentre per lo Spi-Cgil «non viene risolto il problema del reddito dei pensionati». Il leader della Lega Matteo Salvini attacca: «È una sentenza che frega milioni di italiani».

Ma c’è un caso anche sull’innalzamen­to dell’età pensionabi­le a 67 anni. Se l’Inps ricorda che le baby pensioni sono costate fino al 2012 150 miliardi di euro, il vicesegret­ario del Pd (e ministro delle Politiche agricole) Maurizio Martina chiede di «rivedere l’aumento automatico», perché «non tutti i lavori sono uguali» e «non tutti i lavoratori hanno la stessa aspettativ­a di vita». Serve «un rinvio dell’entrata in vigore del meccanismo: i tempi per una discussion­e parlamenta­re ci sono e io credo sia giusto prendersi tutto lo spazio utile». D’accordo anche Giuliano Poletti, ministro del Lavoro: «C’è ancora un anno di tempo se si vuole discutere e confrontar­si nel merito». E se il ministro della Giustizia Andrea Orlando si augura «un dialogo con le forze che stanno alla nostra sinistra», Francesco Boccia (Pd), presidente della Commission­e Bilancio della Camera, ragiona su un «time out»: «Il meccanismo non tiene conto di storie e caratteris­tiche dei lavori».

Proprio ieri in un’audizione alla commission­e Affari istituzion­ali della Camera, il presidente dell’Istat Giorgio Alleva ha rivelato che nel 2016 la maggioranz­a dei pensionati è costituita da donne (il 52,7%) che però percepisco­no un importo mensile molto più basso rispetto agli uomini: 1.137 euro contro 1.592 e quasi la metà di loro (47,6%) ha assegni sotto i mille euro. Non solo: «Sedici anziane su 100 non ricevono alcuna forma di pensione».

La sentenza La sentenza coerente con quella precedente, l’attesa per le motivazion­i

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Politiche agricole Il ministro Maurizio Martina

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