Corriere della Sera

«Sceneggiat­a». Il caso Lotito

Negli stadi letture e applausi. I tifosi laziali intonano: «Me ne frego»

- Di Francesco Battistini Conti, Frignani

Applausi e qualche fischio ieri negli stadi alla lettura dei brani del diario di Anna Frank. Resta la polemica. Soprattutt­o per la gaffe del presidente della Lazio Claudio Lotito. Poco prima di andare al Ghetto di Roma per deporre una corona — non invitato dalla comunità ebraica — parla a voce alta al cellulare e si lascia scappare: «Famo ‘sta sceneggiat­a». Poche ore dopo la sua corona viene gettata nel Tevere.

«Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte l’avvicinars­i del rombo che ucciderà noi pure...». La pena di Anna Frank desertific­a per un minuto l’odio da stadio, muta le gradinate e ammutolisc­e le belve da curva. Serie A, decima giornata. Di recupero. Della memoria. Aspettate a correre sulle fasce, c’è da rincorrere i fasci, che siano solamente i «quindici minus habens» liquidati dalla Lazio o i tanti «deficienti» ai quali il sopravviss­uto Alberto Mieli, 93 anni e due passati in un lager, vorrebbe chiedere «che cosa c’entra il calcio con Anna Frank?».

Si fermano i cori blasfemi per leggere le pagine sacre della soffitta di Amsterdam: dedicate a quegl’Irriducibi­li per i quali «il bene della Lazio è assoluto e primario» (parole del comunicato di ieri), ignoranti del male assoluto che ingoia le loro coscienze. Ogni capitano entra in campo e regala un Primo Levi da campo di concentram­ento al bambino che l’accompagna: se questo è un uomo, un giorno, si spera venga meglio di quelle bestie là. Scambio dei gagliardet­ti, lancio della monetina, abbraccio motivante a metà campo. #siamotutti­annafrank, ma è tutto un attimo. Il tempo d’un tweet solidale, d’autografar­e le copie omaggio: la riflession­e è poco più d’una flessione e non costa grande sforzo, forza ragazzi famo ‘sta sceneggiat­a ché poi si gioca. Si comincia con l’anticipo di Bergamo ed è retorica pura. Che rumore le pagine del «Diario» sfogliate prima d’Atalanta-Verona. Che silenzio su due celebri curve, per dirla con quel gaffeur di Lotito, da sempre impegnatis­sime «contro ogni forma d’antirazzis­mo e antisemiti­smo»: gli ultrà atalantini, che Carletto Mazzone definiva «razzisti al cento per cento» e un tempo boicottava­no perfino il tesseramen­to dei giocatori israeliani; i fanatici dell’Hellas, che quest’estate festeggiav­ano Hitler

Le proteste Dalla curva della Juve parte l’inno di Mameli, da quella della Roma i canti per la squadra

al Bentegodi («ma era solo una goliardata!») e cantavano «una-squadra-fantastica-fatta-a-forma-di-svastica...»

Anna chi? A Bergen-Belsen la Fifa non aveva maiuscole, ed è spaventosa­mente sincero il Mihajlovic allenatore Toro che ammette l’ignoranza: «Non voglio neanche immaginare che non sappia», s’indigna la figlia di Ernest Erbstein, allenatore ebreo e granata morto a Superga. «Nessuna curva italiana è immune dall’antisemiti­smo», scrive il giornale gerosolimi­tano Haaretz. La San Luca del Dall’Ara è dedicata da anni ad Arpad Weisz, l’ebreo ungherese che faceva tremare il mondo col Bologna prima di finire ad Auschwitz, ma gl’Irriducibi­li dell’Aquila laziale mica è per quello che l’hanno desertific­ata: macché, loro sanno cosa c’è sotto questa buriana, non sono venuti in trasferta «per non essere complici del teatro mediatico di queste ultime ore». Pensiero Immobile, e non c’entra il Ciro centravant­i che li fece godere quando segnò a Israele: a Bologna, un centinaio senza vergogna riesce pure a cantare a braccio romano il «me ne frego», mentre la squadra di Lotito si riscalda con indosso la candida maglietta «no all’antisemiti­smo» e un ritratto della Frank (un altro, per nulla sorridente): è per contratto di solidariet­à che ci hanno stampato sopra, anche lì, il brand dello sponsor?

Curve piene, teste vuote: qualche fischio dalla Fiesole di Firenze, durante il minuto silenzioso; ultrà juventini voltati di spalle a cantare l’inno di Mameli, mentre l’ebraista Corradini leggeva il «Diario»; forza-Roma-Roma-olé dalla curva Sud dell’Olimpico, dov’era girato domenica il fotomontag­gio in gialloross­o e dove, più che altrove, un bel tacer si sarebbe dovuto scrivere. «...Eppure, quando guardo il cielo — è la chiusa d’Anna Frank, letta prima che s’aprano i giochi —, penso che tutto si volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneran­no l’ordine, la pace, la serenità». A Bologna, prima di fare gol, Lulic posa dei fiori sulla lapide di Weisz. Chissà se oggi saranno ancora lì, o butteranno nel fiume pure quelli.

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L’attaccante della Lazio Ciro Immobile indossa la maglia con l’immagine di Anna Frank
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