Corriere della Sera

Le città dei roghi tossici

I rifiuti tossici bruciati dentro i campi rom La filiera criminale dello smaltiment­o abusivo si trasforma in allarme sanitario nelle periferie L’ipotesi di fare intervenir­e anche l’esercito

- Di Goffredo Buccini

Tre mesi fa massaie e pensionati di Torre Spaccata hanno invaso il trafficati­ssimo viale Togliatti. Occhi ancora arrossati, tossi sospette, rabbia in corpo e cartelli in pugno: «Sindaca, aiuto, i fumi ci avvelenano!», «Viviamo in una discarica!». L’incendio dell’ 8 luglio nella periferia est di Roma ha ingoiato, tra fiamme e miasmi , le macchine, le botteghe e le ultime illusioni; è stato un punto di non ritorno, perché ha svelato a tutta Italia le dimensioni della filiera criminale nello smaltiment­o dei rifiuti, di cui i fuochi nei campi rom sono l’anello finale.

Poi è arrivato Marco Minniti, il 19 settembre, davanti alla Commission­e parlamenta­re sulle periferie, a rilanciare l’allarme, non solo su Roma: anche su Torino e Napoli (e, in misura minore, su Milano), «le città dei roghi tossici». Ha spiegato che bisogna trasmetter­e «un messaggio di tolleranza zero sul tema», assicurand­o ai deputati che nelle tre città ci sono «vigilanza» e «attenzione particolar­e». S’è spinto a dire che, su istanza dei Comitati metropolit­ani, è possibile ottenere dal governo perfino «l’intervento dell’esercito».

Non molto dev’essere cambiato, tuttavia, se quasi un mese dopo, il 12 ottobre, la Commission­e, ormai apprestand­osi a chiudere i propri lavori, ha scritto al ministro, ricordando­gli gli impegni presi durante l’audizione, e ai sindaci delle città dei roghi domandando dati sui campi rom autorizzat­i, stime sui non autorizzat­i e notizie su eventuali misure già adottate. Il nodo è in buona parte anche politico, perché l’attivazion­e dei Comitati metropolit­ani ricade sui primi cittadini: le elezioni alle porte e le polemiche aperte sulla gestione delle città potrebbero non agevolare le relazioni tra la Commission­e parlamenta­re a guida Forza Italia-Pd e le sindache M5S di Roma e Torino.

Quel picco di diossina

Non è solo «burocrates­e» ciò che si può trovare tra gli atti dell’indagine parlamenta­re. Fa venire i brividi un documento dell’Arpa Lazio (l’agenzia regionale per l’ambiente) sui campioname­nti dell’aria a Torre Spaccata subito dopo l’ 8 luglio: nei due giorni successivi all’incendio, i valori della diossina sono balzati a 6.217 fg/m³, venti volte oltre la soglia di attenzione fissata dall’Organizzaz­ione mondiale della sanità. Dal comitato di quartiere è così arrivata al presidente della Commission­e parlamenta­re, Andrea Causin, e al suo vicepresid­ente, Roberto Morassut, una mail carica di sconforto: «Noi cittadini abbiamo respirato veleno per giorni, dato che solo nella rilevazion­e del 20-22 luglio i valori sono rientrati nella media. Tutelate la nostra salute di esseri umani».

I fuochi dei bambini

Paola Basilone, prefetta di Roma, spiega ai commissari che i rom si servono dei loro stessi figli, dunque le prime vittime di questa catena infame sono proprio i bambini nomadi (il cui tasso di scolarità sta peraltro crollando sotto il 10 per cento in taluni campi): «I roghi li fanno appiccare dai minori, perché sanno benissimo che il minore non è imputabile». Il suo collega di Torino, Renato Saccone, comunica sconforto sin dalle prime parole: «Se parliamo di... cielo aperto, non c’è nulla di più a cielo aperto dei roghi di rifiuti, in particolar­e nei campi di Germagnano e strada Aeroporto. Si tratta di reati a cielo aperto visibili per chilometri». Giustament­e l’assessore alle politiche sociali di Torino, Sonia Schellino, rammenta che buona parte delle colpe pesano anche su quei cittadini che, invece di portare i rifiuti in discarica, «li portano ai rom, che con 50 euro se li prendono, riciclano il poco che possono riciclare e il resto lo bruciano».

È difficile insomma sciogliere il viluppo tra «noi» e «loro» e le rispettive cattive coscienze. A Scampia, ferita aperta in terra napoletana, la faccenda è declinata anche in salsa camorrista. Il campo di Cupa Perillo, che ha avvelenato l’estate e i polmoni di Napoli ed è stato sferzato il 27 agosto dall’incendio più grave, ospita tuttora tra blatte e topi 600 rom di cui molti bambini: è in costante attesa di sgombero, ma la tendopoli che nella caserma di Miano dovrebbe accoglierl­i è eternament­e in allestimen­to. Nel frattempo i camorristi continuano a usarlo come discarica per rifiuti anche tossici, lasciando lo smaltiment­o ai fuochi dei nomadi per un pugno di euro. Paola Basilone ha ripreso l’ipotesi di Minniti sull’uso dell’esercito, ma la coperta è corta: «L’esercito già garantisce con 1.900 soldati l’operazione “Strade sicure” a Roma». La capitale ha quattro insediamen­ti enormi: La Barbuta, via Salone, via Salviati e Torre Spaccata. La prefetta ricorda che quand’era a Torino ci sono voluti due anni di sforzi e 5 milioni di euro per bonificare un solo insediamen­to abusivo evitando un’azione di forza: «Servono molti soldi per queste cose». Solo nel 2016 la onlus «21 Luglio» ha monitorato 175 «discorsi di odio» contro rom e sinti, il 28 per cento dei quali attribuiti a politici della Lega o del centrodest­ra.

Il vetro rotto

Salvatore Settis ha ben descritto il cuore della questione sulle periferie: «La distinzion­e tra centro storico e suburbi sta diventando un confine tra gruppi sociali, tra poveri e benestanti. Non è solo un problema di qualità architetto­nica». Citando l’olandese Keizer, ricorda la «diffusione del disordine»: chi vive in un quartiere degradato, senza identità, «tende a violare ogni norma e ogni legge». È il vecchio principio della finestra rotta: se non la si aggiusta, prima o poi vi romperanno a sassate tutte le altre finestre del palazzo. Nelle nostre città, molti stanno cominciand­o a capirlo, il successo di movimenti di base come «Retake» ne è una prova. Alla fine un gruppo di deputati potrà pure illuminare quella finestra in frantumi: ma a ripararla dovremo pensarci noi, ogni giorno, tutti assieme.

(2/fine)

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A fuoco Un campo rom abusivo alla periferia di Torino, in una foto d’archivio. Si stima che in Italia i rom e sinti residenti siano circa 180.000, in Ue sono 6 milioni

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