La mozione M5S e le prerogative del Parlamento
La presidente della Camera dei deputati, nella lettera al Corriere del 22 ottobre scorso, afferma che non c’era ragione regolamentare per dichiarare inammissibili le sei mozioni relative al Governatore della Banca d’Italia, a cominciare da quella dei 5Stelle.
La replica della Presidente non tiene conto che avevo scritto che l’inammissibilità andava dichiarata «anche perché, come è stato rilevato nel corso del dibattito parlamentare, per una valutazione si sarebbero dovuti attendere i risultati della Commissione di inchiesta sul funzionamento del sistema bancario, istituita proprio dal Parlamento».
Aggiungo a questo altri argomenti. Primo: è stata proprio una legge del Parlamento, quella del 2005, che ha escluso per la Banca d’Italia, a differenza delle altre autorità indipendenti, la «parlamentarizzazione» della procedura di nomina. Secondo: un atto di indirizzo, quale è una mozione, in questa materia, finisce per incidere sulle prerogative del Presidente della Repubblica in ordine alla nomina del governatore. Terzo: le mozioni, pur rivolte formalmente al Governo, contenevano un giudizio di merito sull’operato di una istituzione indipendente, per il nostro diritto e soprattutto per il diritto dell’Unione Europea, e interferivano sui poteri e sull’operato di un altro organo indipendente: la Commissione di inchiesta bicamerale (c’è anche il Senato, non consultato). Questa, con gli stessi poteri dell’Autorità Giudiziaria, è del tutto autonoma dalle Assemblee che l’hanno deliberata.
Il Parlamento dispone di molti strumenti per far sentire la propria voce: interrogazioni, interpellanze, audizioni in contraddittorio, dibattiti su relazioni, dichiarazioni. Ma non può votare su tutto.
La mozione è appunto una procedura «per decidere», che non può essere usata per poteri «separati» da quello del Governo.