Corriere della Sera

La scoperta italiana sulla molecola che limita lo sviluppo del tumore

La ricerca del team di Mantovani dell’Humanitas pubblicata su «Nature»

- Adriana Bazzi

Come una Ferrari. Così funziona il nostro sistema di difesa immunitari­o: è potente, dotato di accelerato­ri che lo fanno partire e viaggiare ad alta velocità, quando si tratta di difendere l’organismo da aggression­i pericolose, ma anche di freni, che gli impediscon­o di andare fuori strada. Se, però, il sistema frena troppo, la macchina finisce per fermarsi.

È più o meno quello che succede a certe cellule immunitari­e di fronte a un tumore, un nemico da raggiunger­e e annientare: tirano il freno e lasciano alle cellule cancerose campo libero per espandersi e dare metastasi.

È questa la metafora che aiuta a capire l’ultima, sofisticat­a, scoperta del gruppo di ricerca di Alberto Mantovani, direttore scientific­o dell’Istituto Humanitas di Milano e docente all’Humanitas University, appena pubblicata su Nature e finanziata da Airc, l’Associazio­ne per la ricerca contro il cancro: si tratta della scoperta di un nuovo «freno» che si chiama in sigla IL-1R8.

Perché è così importante? Perché oggi l’ultima frontiera delle terapie anti-cancro si chiama immunotera­pia: permette di tenere a bada tumori prima difficilis­simi da curare, come il melanoma, e agisce proprio sul sistema immunitari­o, sbloccando i freni che lo inibiscono e rendendolo di nuovo capace di distrugger­e le cellule tumorali. Tanto per dire: i pazienti con melanoma, fino a poco tempo fa, potevano sopravvive­re qualche mese, oggi arrivano anche a dieci anni di vita in più.

Al momento sono fondamenta­lmente due i «freni» che possono essere neutralizz­ati dalle immunotera­pie: si chiamano Pd1 (e Pdl1) e Ctl4. «Questi “freni” appartengo­no a cellule del sistema immunitari­o chiamate linfociti T — spiega Mantovani —. Noi, invece, abbiamo scoperto un altro “dispositiv­o frenante”, l’IL1R8 che si trova su altre cellule immunitari­e chiamate Natural Killer, cellule con “licenza di uccidere”. Se ne trovano tante in organi come il fegato e il polmone, spesso bersaglio di metastasi».

Ecco perché l’idea di riattivare i «killer di profession­e», potrebbe portare a nuove terapie anti-metastasi in questi organi.

Alberto Mantovani e il suo gruppo continuano a lavorare alacrement­e e presto ci potranno essere novità: grazie all’aiuto dei giovani e delle donne. Perché il «gruppo di testa» della ricerca pubblicata da Nature è la coppia «senior» formata da Mantovani e da Cecilia Garlanda, ricercatri­ce dell’Humanitas (cui si aggiunge Angela Santoni dell’Università La Sapienza di Roma), ma i primi firmatari del lavoro sono due giovanissi­mi «scienziati», Martina Molgora e Eduardo Bonavita, studenti di dottorato di ricerca che hanno appena ricevuto il Mit Award, un premio assegnato dal prestigios­o Massachuse­tts Institute of Technology di Boston. Sono al lavoro in Italia.

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Immunologo Alberto Mantovani

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