IL CORAGGIO DI PARLARE DI FINE VITA
Caro Aldo,
il 12 ottobre ho avuto modo di seguire il programma Piazzapulita e in particolare un dibattito poco pluralista sul tema dell’eutanasia. Si è preso spunto da alcuni casi di suicidio assistito in Svizzera per sollecitare l’approvazione della legge sul testamento biologico che secondo alcuni esponenti radicali, presenti in trasmissione, dovrebbe essere il primo passo verso una legalizzazione vera e propria dell’eutanasia. L’onorevole Lupi, esponente contrario all’eutanasia, ha ribadito, da laico, la sua contrarietà alla pretesa che lo Stato si faccia esecutore delle volontà omicide dei suoi cittadini. In certi momenti si aveva l’impressione di assistere ad una commedia dove i principali attori erano i soliti integralisti radicali supportati dalle lacrime dei loro sostenitori. Non poteva mancare il solito sondaggio che confermava l’approvazione dell’eutanasia dalla maggioranza degli italiani. Simone Hegart
Caro Simone,
Io invece trovo che Corrado Formigli, il conduttore di Piazzapulita, abbia fatto bene ad affrontare un argomento di solito rimosso, e a dare voce a pensieri diversi. L’eutanasia non è all’ordine del giorno in Italia. In Parlamento però giace (e probabilmente non sarà approvata) una legge che dovrebbe rendere più semplice porre fine non a qualsiasi vita, ma a vite mutili e dolorose, senza costringere i parenti a ricorrere alla magistratura (o appunto ad andare in Svizzera). Quando posi la questione a Umberto Veronesi, mi rispose che nessun malato terminale gli aveva mai chiesto di morire; tutti gli avevano sempre chiesto di guarire. Ma cosa accade quando una persona non è più responsabile di se stessa? Quando la scienza non è in grado di guarire, però consente di tenere in vita, senza limiti di tempo ma anche senza speranza? Certo, il tema del fine vita è divisivo. Ma questa non è una buona ragione per non parlarne e non decidere. Al contrario, è il momento di affrontare una grande discussione, aperta, libera, rispettosa delle opinioni altrui, e soprattutto non inconcludente.
Si sente obiettare che in Parlamento non c’è una maggioranza solida, né ci sarà dopo le prossime elezioni. Ma una questione così complessa deve essere disciplinata da un accordo vasto, che possa reggere alle alternanze, anziché essere disfatto o capovolto al primo cambio politico. Possiamo pure decidere di non parlarne; ma è una questione cui purtroppo non possiamo sottrarci.