Aponte, il signore delle navi ora si «converte» ai terminal
Ha acquisito quote in 8 società per lo scarico merci, da Genova a Napoli
MILANO Ha appena ordinato undici navi da 22mila teu (unità che sta ad indicare container da 20 piedi l’uno). Saranno le più grandi mai concepite. Le realizzeranno i maxi-cantieri coreani griffati Hyundai. L’armatore Gianluigi Aponte, alla guida di Msc, si appresta così a rafforzare la sua partecipazione nell’alleanza 2M con i danesi di Maersk.
Il salto di qualità del gruppo armatoriale, attivo anche nelle crociere e nel traffico passeggeri con Grandi Navi Veloci e Snav, sta avvenendo anche grazie agli investimenti nelle società terminaliste che hanno in concessione (dalle autorità portuali) le banchine per il carico/scarico merci. Aponte ha acquisito recentemente la società terminalista Conateco del porto di Napoli rilevando l’intera partecipazione di controllo dai cinesi di Cosco. Non contento Aponte ha rilevato da Contship Italia, emanazione tricolore della holding tedesca Eurokai storicamente leader nei terminal portuali, quote di partecipazione in diversi terminal. Contship Italia ha in concessione i terminal container di Gioia Tauro, Ravenna e La Spezia. Proprio il porto calabrese, con quello di Genova Voltri e quello spezzino, è uno dei pochi che opera gru alte sufficientemente per caricare e scaricare dalle mega porta container di nuova generazione realizzate nei cantieri asiatici.
A Trieste Aponte ha appena acquisito la maggioranza della società terminalista che controlla lo storico molo VII. A Venezia è presente da anni grazie al terminal intermodale. Gli investimenti italiani dell’armatore si sono concentrati anche su Civitavecchia e a Livorno, con la partecipazione nel terminalista Lorenzini, che ha in concessione le banchine tanto ambite dagli algerini di Cevital acquirenti delle acciaierie di Piombino. E poi Genova, un buon caleidoscopio della campagna di Aponte. Nel terminal container di Voltri la Psa di Singapore non ha mollato la presa con un maxi-investimento da 150 milioni di euro per comprare una serie di gru alte 80 metri in grado di permettere le operazioni di scarico dalle navi da 22mila teu. Aponte, che ha una flotta di 509 navi portacontainer — inferiore solo a quella di Maersk (che ne gestisce 638) in trattativa come tutti i colossi di settore con Alibaba per supportare il boom del commercio elettronico — ha appena acquistato il 60% del consorzio Bettolo che sta realizzando il nuovo terminal nel porto storico di Genova. Calata Bettolo entrerà in funzione nel 2019 e apporterà altri 500mila teu di capacità per il porto di Genova. Nel consorzio sono entrati anche due fondi di private equity che hanno rilevato il terminal Sech dalla Finsea di Luigi Negri. Aponte sta completando anche l’acquisizione del 49% della Ignazio Messina, società che oltre alle navi ha un suo terminal nel bacino di Sampierdarena a Genova, molto efficiente per le merci su rotaia.
La corsa al gigantismo navale sta producendo un fenomeno di convergenza tra le compagnie di linea e le società terminaliste. La filiera si sta accorciando anche per attenuare i costi di sistema. L’Italia sta cercando di ridurre il gap infrastrutturale nei collegamenti con il mercato europeo. Aponte, conscio dei ritardi infrastrutturali del Paese tra gru di capacità insufficienti e fondali bassi, ha deciso che conviene scommetterci per sfruttare la sua centralità nel Mediterraneo grazie al potenziamento del Canale di Suez. Con i taiwanesi di Evergreen, che hanno appena lasciato Taranto operando sul Pireo.