Corriere della Sera

Alberto il mugnaio e il molino sensoriale «La mia sfida è fare ancora tutto a mano»

Quattro piani e macchinari del 1860: se mi alzo male, la farina non è la stessa

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centinaia «tant’è vero che siamo chiamati “polentoni” — commenta Pellegrini — di farina gialla se ne consuma parecchia. Noi maciniamo mais giallo e produciamo farina gialla da polenta, in tutte le sue varietà, da quella normale, a quella grossa, fina, integrale e, quando la mescoliamo a quella di grano saraceno, otteniamo la taragna».

Il molino è visitabile e vi si svolgono attività didattiche e turistiche. Scuole, ma anche visitatori di mezzo mondo, blogger giapponesi, sudamerica­ni, irlandesi, spagnoli, polacchi.

L’obiettivo della visita è, innanzitut­to, conoscere il mais e i suoi usi, ma la cosa a cui il titolare tiene di più è far provare un’esperienza sensoriale alle persone che arrivano: «Qui non c’è un computer ma l’uomo. E come fa l’uomo a macinare? Vedendo, toccando, annusando i diversi tipi di farina, ascoltando il rumore che i prodotti fanno passando nei tubi e alla fine degustando, per esempio, dei biscotti fatti di mais. Non è sempre facile far capire questo ai ragazzi di oggi — osserva Pellegrini — abituati ad avere l’app di turno per fare qualsiasi cosa».

Il molino è del 1903, come attesta il progetto realizzato a Vienna per Antonio Briosi, proprietar­io dell’epoca. La parte più antica dello stabile risale però al ‘700 e veniva utilizzata come opificio per attività artigianal­i. «Mio nonno iniziò a lavorarci come operaio prima della seconda guerra mondiale. Poi venne deportato in un campo di concentram­ento nell’allora Cecoslovac­chia. Tornato dalla prigionia, riprese il lavoro e comprò licenza e stabile. Anche mio padre ha continuato a fare il mugnaio e poi sono arrivato io, mugnaio di terza generazion­e, a portare avanti questa attività. Questo è un molino artigianal­e, che lavora poco, piano, cercando di puntare alla qualità non alla quantità».

La visita viene fatta solo con il molino in funzione e si vede tutto il processo di macinazion­e. Su ognuno dei quattro piani si svolge una fase diversa . Al piano terra ci sono 4 laminatoi a rulli, al primo piano una macina di pietra, al secondo le semolatric­i che separano il sottoprodo­tto dalla farina, al terzo il setacciato­re che separa nella farina le parti più grossolane da quelle più fini.

La visita dura un’ora e mezza. Tutti i macchinari sono antichi, i laminatoi in ghisa con i rulli in acciaio sono del 1860, le semolatric­i in legno del 1900. Le uniche cose moderne sono i silos e la confeziona­trice. «Pensi quante scale mi tocca fare ogni giorno su e giù per i piani per controllar­e tutto il processo di macinazion­e! — conclude Pellegrini —. Ma è una grande soddisfazi­one fare un lavoro che mi appassiona e vedere le che le persone lo apprezzano».

Gli anziani sono commossi, ai ragazzi spiego che qui non c’è computer. Si macina vedendo, ascoltando, annusando i tipi di mais

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Il panorama del Lago di Garda dalla costa settentrio­nale. L’acqua contribuis­ce a creare un microclima, l’alto lago, diverso dal resto del Trentino
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 ??  ?? Qui sopra Bruno e Lidia Pellegrini, nonni di Alberto (a destra), alle prese con i visitatori del mulino
Qui sopra Bruno e Lidia Pellegrini, nonni di Alberto (a destra), alle prese con i visitatori del mulino

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