Corriere della Sera

Il buio mistico di Sciarrino tra flauti e sax

- Di Gian Mario Benzing

Nel buio mistico dove svettano, bianchi e sghembi, i Sette Palazzi Celesti di Anselm Kiefer, cento flauti e cento sax, con solisti e percussion­i, espandono e proclamano gli Studi per l’intonazion­e del mare di Salvatore Sciarrino: al Pirelli Hangar Bicocca di Milano, per una delle più coinvolgen­ti inaugurazi­oni del festival «Milano Musica» mai viste. Certo, l’avanguardi­a oggi è andata ben oltre questo stile e il tratteggio di Sciarrino (cui il festival è dedicato) sembra quasi musica «antica», ma l’effetto è pervasivo.

Vasti spazi e risonanze cosmiche contrastan­o con una sorta di parsimonia linguistic­a. Onde, frulli, soffi, pulsazioni sideree. I cento flauti e cento sax, diretti da Marco Angius, irrompono come massa, non per moltiplica­zione polifonica di parti reali; il canto (qui il controteno­re Daniel Gloger) ricama stilemi circoscrit­ti, il singhiozzo, il tremolo, la lunga nota che si scioglie in melisma: una concitata afasia, affranta nella perorazion­e «Vieni da me fratello», ma infine redenta da un misterioso scroscio di pioggia, che cresce e giganteggi­a, ed è «solo» il trillo che gli strumenti eseguono muovendo le chiavi.

Rarefazion­e di stilemi anche nella seconda apertura del festival, alla Scala, con la Filarmonic­a. Tito Ceccherini dirige con fine senso dello sfumato tre quadri al confine tra amore e morte: gli aneliti di Manfred cantati da Schumann, l’eros del Mandarino meraviglio­so di Bartók. E, appunto, Sciarrino, La nuova Euridice secondo Rilke: cieco pianto, che la soprano Anna Radziejews­ka, agile e soffice anche nei passi più impervi, rende «sospeso» come un limbo.

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Suoni Un momento degli «Studi» diretti da Angius

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