Il buio mistico di Sciarrino tra flauti e sax
Nel buio mistico dove svettano, bianchi e sghembi, i Sette Palazzi Celesti di Anselm Kiefer, cento flauti e cento sax, con solisti e percussioni, espandono e proclamano gli Studi per l’intonazione del mare di Salvatore Sciarrino: al Pirelli Hangar Bicocca di Milano, per una delle più coinvolgenti inaugurazioni del festival «Milano Musica» mai viste. Certo, l’avanguardia oggi è andata ben oltre questo stile e il tratteggio di Sciarrino (cui il festival è dedicato) sembra quasi musica «antica», ma l’effetto è pervasivo.
Vasti spazi e risonanze cosmiche contrastano con una sorta di parsimonia linguistica. Onde, frulli, soffi, pulsazioni sideree. I cento flauti e cento sax, diretti da Marco Angius, irrompono come massa, non per moltiplicazione polifonica di parti reali; il canto (qui il controtenore Daniel Gloger) ricama stilemi circoscritti, il singhiozzo, il tremolo, la lunga nota che si scioglie in melisma: una concitata afasia, affranta nella perorazione «Vieni da me fratello», ma infine redenta da un misterioso scroscio di pioggia, che cresce e giganteggia, ed è «solo» il trillo che gli strumenti eseguono muovendo le chiavi.
Rarefazione di stilemi anche nella seconda apertura del festival, alla Scala, con la Filarmonica. Tito Ceccherini dirige con fine senso dello sfumato tre quadri al confine tra amore e morte: gli aneliti di Manfred cantati da Schumann, l’eros del Mandarino meraviglioso di Bartók. E, appunto, Sciarrino, La nuova Euridice secondo Rilke: cieco pianto, che la soprano Anna Radziejewska, agile e soffice anche nei passi più impervi, rende «sospeso» come un limbo.