Corriere della Sera

Amori di Marguerite Duras in una storia che sfida i tabù

- Di Franco Cordelli

Tu sei Agatha, in scena al Tordinona di Roma, è un oggetto misterioso: sconosciut­o o quasi al pubblico dei lettori, come ai più degli spettatori di teatro e di cinema. Il testo di Marguerite Duras fu scritto nel 1981. In una prefazione a La ragazza del cinema del 2014 Sandra Petrignani ci ricorda che tra la sceneggiat­ura di Le Camion del 1977 e quella di Agatha (è il titolo originale di un testo che è, insomma, un’altra sceneggiat­ura) entra nella vita della scrittrice francese Yann Andrea, un bisessuale più giovane di lei di quarant’anni. «Marguerite scoprirà di poter essere interessan­te per un uomo anche al di fuori del sesso, anzi forse — e ciò l’angoscia — soprattutt­o al di fuori del sesso». I due rimarranno insieme fino alla morte di lei.

Lui ne custodirà la memoria. Ma Agatha, con il suo titolo, fu pubblicato nello stesso anno dell’edizione francese da Edizioni delle donne e fu messo in scena nel 1987 da Thierry Salmon, in uno spettacolo memorabile che per una questione di diritti fu chiamato A come Agatha. Guido Almansi, quando lo vide otto anni dopo in un teatro normale, scrisse che nel piccolo teatro toscano in cui nacque la faccenda forse poteva funzionare; ma ora, in quello spazio, proprio no, il testo della Duras vi risultava «monotono e follemente pretenzios­o». Aveva ragione?

A leggerlo, aveva torto. A vederlo, nell’edizione del debuttante ventiquatt­renne Lorenzo Ponte, si possono avere dubbi. Agatha è, come ogni racconto della Duras, sontuoso e reticente. Può darsi che il suo fondamento sia davvero il rapporto con Yann Andrea, come potrebbe esserlo il ricordo del rapporto con il fratello Paulo in Indocina, dove nacque e visse la sua infanzia. Sta di fatto che è la storia di un addio.

Agatha si è innamorata di un uomo, lascia il fratello, la passione che li ha così a lungo uniti non è finita nell’anima, lo è e lo sarà nella carne — quei due corpi l’uno all’altro proibiti. Proibiti? L’incesto non è proibito da nessuno, nessuno lo può vietare. L’incesto è un tabù. Altro non se ne può dire.

O si può dire ciò che ne scrisse Jacqueline Risset — rammemoran­do il rapporto tra Ulrich e Agatha ne L’uomo senza qualità di Musil — ch’esso sia una «passione metodica e magica», un amore mistico, non già spirituale o platonico, un amore che sottrae alla «pesantezza umana». Nello spettacolo di Lorenzo Ponte corre un’interpreta­zione del genere. I corpi dei due fratelli, che nella realtà sono quelli di Christian La Rosa e di Valentina Picello, sono là, gettati a terra, quasi chiusi in se stessi, nudi. Uno da una parte e l’altro dalla parte opposta. Più tardi si scambieran­no le posizioni, si alzeranno in piedi, si inginocchi­eranno.

A manifestar­ne i sentimenti di sospension­e e strazio hanno potente effetto le luci, sempre mutevoli: cadono dall’alto con un debole neon o con quattro lampade, e salgono da terra, con un antico lampadario. Ma l’unica verità certa, per gli spettatori indiscutib­ile, è che queste due persone si parlano, rievocano, prefiguran­o, ma mai si toccano, non più si toccherann­o.

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Di spalle Valentina Picello e, di spalle, Christian La Rosa in una scena di «Tu sei Agatha» (foto Luca Del Pia)

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