La metamorfosi dell’impiegato Dapporto
Molti ricordano il bel film di Mario Monicelli con uno straordinario Alberto Sordi. Stavolta è Massimo Dapporto a interpretare lo stesso ruolo nell’adattamento teatrale di Un borghese piccolo piccolo, dal romanzo di Vincenzo Cerami.
Una vicenda cupa, claustrofobica eppure pateticamente comica: l’impiegatuccio Giovanni Vivaldi, sulla soglia della pensione, desidera ardentemente che il figlio ragioniere (impersonato da Matteo Francomano) prenda il suo posto al ministero. Per realizzare il suo sogno è pronto a tutto, per ottenere la sospirata raccomandazione del capoufficio è disposto a percorrere qualunque scorciatoia, persino a iscriversi alla massoneria. E quando il risultato vincente è a un passo, il ragazzo viene ucciso per strada da una pallottola vacante durante una rapina.
Il mite, umile impiegatuccio si trasforma in un feroce assassino: cattura il rapinatore e lo fa morire fra atroci torture. Dapporto, in scena all’Eliseo con la regia di Fabrizio Coniglio e le musiche di Nicola Piovani, restituisce il personaggio nella sua complessità: disorientato eppure potente, tenero nell’amore paterno quanto determinato nell’attuare il suo piano diabolico per vendicare la persona cara alla quale deve dolorosamente sopravvivere.