Chi entra
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Il colpo da maestro è prendersi la scena nel giorno più importante, strappare applausi e buffetti, pacche e bacetti agli ex colleghi di Forza Italia e incassarne qualcuno persino dai senatori del Pd. Ecce homo. Ecce Denis. Non si fa scrupoli Verdini e in Aula — annunciando l’ingresso del gruppo Ala in maggioranza, mentre i Cinque stelle escono in segno di protesta — scandisce il verbo di Ponzio Pilato quando mostrò Gesù flagellato ai Giudei: «Nel dibattito sulla riforma elettorale sono stato tirato per la giacca, evocato, insultato, ma a chi mi insulta non rispondo perché voglio parlare solo di politica. Ecce homo, potrei dire».
La politica per Denis è un dare e avere, senza (possibilmente) darlo a vedere. Così è stato dal 2013 a oggi, con Letta, Renzi e Gentiloni. Ora basta, si è stancato di «fare il fantasma» e ci mette la faccia. Forse è il canto del cigno, l’ultimo intervento in diretta tv e lui se lo è scritto con cura: «C’è una nuova maggioranza? Non è vero perché noi c’eravamo, ci siamo stati e ci saremo fino all’ultimo giorno della legislatura».
Il «Verdini pride» è uno show e il titolo sta in una frase a effetto del banchiere di Fivizzano: «Siamo quattordici ministri senza portafoglio e lo rivendichiamo!», con tanto di punto esclamativo. Si fa vanto di aver «sterilizzato i massimalismi postcomunisti» e, bontà sua, dice di capire «l’amarezza dei bersaniani, incapaci di comprendere i tempi nuovi». E qui il senatore Miguel Gotor commenta con i vicini di scranno: «Finalmente Verdini