Corriere della Sera

La Catalogna indipenden­te Rajoy: criminali

- Di Andrea Nicastro

La Catalogna ha dichiarato l’indipenden­za dalla Spagna. Immediata la reazione di Madrid. Il premier Mariano Rajoy ha sciolto il Parlamento di Barcellona, destituito Carles Puigdemont, definito criminali gli indipenden­tisti e stabilito la data delle nuove elezioni: il prossimo 21 dicembre.

La leadership catalana ha invece voluto ignorare, in questi mesi di crisi, che non esiste nell’Europa di oggi un nazionalis­mo «positivo» e che la rivendicaz­ione delle diversità può passare soltanto attraverso la difesa dei principi costituzio­nali, del rispetto degli assetti pacifici, dell’unità contro la disgregazi­one. È un errore imperdonab­ile. Non è un caso che la dichiarazi­one di indipenden­za unilateral­e sia stata giudicata «illegale» perfino dal leader di Podemos Pablo Iglesias, nonostante la posizione ambigua che il suo movimento-partito ha avuto durante tutto questo snervante braccio di ferro.

La storia di questi ultimi decenni — una storia che tanto Rajoy quanto Carles Puigdemont hanno deciso di dimenticar­e — insegna che si può negoziare su tutto e che si deve negoziare anche con quelli che possono essere ritenuti i nemici. Chi non lo ha fatto ha sbagliato. È forse inutile dire che il governo di Madrid, nato debole, anzi debolissim­o, dopo il risultato interlocut­orio di due appuntamen­ti elettorali, ha maggiori responsabi­lità iniziali dei suoi avversari. Le passeggiat­e del presidente del governo nel giardino della Moncloa con il suo cane Rico avrebbero potuto produrre qualche riflession­e in più. E l’inspiegabi­le repression­e nelle strade di una Barcellona pacifica ha confuso, come spesso accade, la bilancia dei torti e della ragioni.

È stato detto che le istituzion­i europee hanno assistito alla crisi dal palco bruxellese degli spettatori, preoccupan­dosi solo di solidarizz­are con il governo di Madrid per evitare guai maggiori. Certo, è vero che l’Unione non avrebbe potuto fare molto di più, anche se avesse voluto, senza creare precedenti pericolosi, senza allontanar­si dal proprio mandato. Ma situazioni eccezional­i richiedono sforzi di intelligen­za eccezional­i. Se la rivoluzion­e del 1989, per esempio, fosse stata affrontata con meno coraggio e fantasia, una svolta epocale come l’unificazio­ne tedesca non si sarebbe concretizz­ata così rapidament­e. Dispiace vedere il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk dichiarare ieri sera che «non è cambiato niente». No, è cambiato tutto. Si tratta ora di ricostruir­e, non più di tenere insieme. A Madrid e Barcellona si deve fare un passo indietro, l’Ue deve farne molti altri in avanti. Anche fuori dai sentieri tracciati.

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