La Catalogna indipendente Rajoy: criminali
La Catalogna ha dichiarato l’indipendenza dalla Spagna. Immediata la reazione di Madrid. Il premier Mariano Rajoy ha sciolto il Parlamento di Barcellona, destituito Carles Puigdemont, definito criminali gli indipendentisti e stabilito la data delle nuove elezioni: il prossimo 21 dicembre.
La leadership catalana ha invece voluto ignorare, in questi mesi di crisi, che non esiste nell’Europa di oggi un nazionalismo «positivo» e che la rivendicazione delle diversità può passare soltanto attraverso la difesa dei principi costituzionali, del rispetto degli assetti pacifici, dell’unità contro la disgregazione. È un errore imperdonabile. Non è un caso che la dichiarazione di indipendenza unilaterale sia stata giudicata «illegale» perfino dal leader di Podemos Pablo Iglesias, nonostante la posizione ambigua che il suo movimento-partito ha avuto durante tutto questo snervante braccio di ferro.
La storia di questi ultimi decenni — una storia che tanto Rajoy quanto Carles Puigdemont hanno deciso di dimenticare — insegna che si può negoziare su tutto e che si deve negoziare anche con quelli che possono essere ritenuti i nemici. Chi non lo ha fatto ha sbagliato. È forse inutile dire che il governo di Madrid, nato debole, anzi debolissimo, dopo il risultato interlocutorio di due appuntamenti elettorali, ha maggiori responsabilità iniziali dei suoi avversari. Le passeggiate del presidente del governo nel giardino della Moncloa con il suo cane Rico avrebbero potuto produrre qualche riflessione in più. E l’inspiegabile repressione nelle strade di una Barcellona pacifica ha confuso, come spesso accade, la bilancia dei torti e della ragioni.
È stato detto che le istituzioni europee hanno assistito alla crisi dal palco bruxellese degli spettatori, preoccupandosi solo di solidarizzare con il governo di Madrid per evitare guai maggiori. Certo, è vero che l’Unione non avrebbe potuto fare molto di più, anche se avesse voluto, senza creare precedenti pericolosi, senza allontanarsi dal proprio mandato. Ma situazioni eccezionali richiedono sforzi di intelligenza eccezionali. Se la rivoluzione del 1989, per esempio, fosse stata affrontata con meno coraggio e fantasia, una svolta epocale come l’unificazione tedesca non si sarebbe concretizzata così rapidamente. Dispiace vedere il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk dichiarare ieri sera che «non è cambiato niente». No, è cambiato tutto. Si tratta ora di ricostruire, non più di tenere insieme. A Madrid e Barcellona si deve fare un passo indietro, l’Ue deve farne molti altri in avanti. Anche fuori dai sentieri tracciati.