Corriere della Sera

Maglione a biscottino: l’icona scozzese riparte da Brescia

La nuova vita (italiana) di Drumohr. «Lavorazion­e uguale all’originale, persino nella durezza dell’acqua»

- Carlotta Clerici

no dei primi in Italia ad amare i maglioni a «biscottino» scozzesi è stato Gianni Agnelli che, divertendo­si a mescolarne colori e combinazio­ni, era solito regalarli agli amici. Una fantasia, il razor blade (letteralme­nte lama di rasoio), addolcita non solo dal suo ormai inseparabi­le soprannome biscottino, ma soprattutt­o cavallo di battaglia di Drumohr, brand fondato da James Paterson nel 1770 a Dumfries, nelle Highlands scozzesi. E che è diventato un fiore all’occhiello di una storica azienda del tessile italiano: la Ciocca, che ha acquisito il marchio nel 2006, inaugurato la produzione a Quinzano, in provincia di Brescia e rivitalizz­ato la sua immagine. Riportando in crescita i fatturati: +30% nel 2016.

«Perdere la tradizione di questo marchio — dice Michele Ciocca, ceo Drumohr — sarebbe stato un delitto. Oggi grazie a investimen­ti cospicui (oltre un milione di euro) siamo in grado di replicare tutti i passaggi e le tecniche scozzesi, persino la durezza dell’acqua usata in Scozia per il risciacquo e che rende il cashmere così morbido. Ci è spiaciuto che non fosse possibile acquisire il sito produttivo originale, ma siamo perfettame­nte in grado di garantire la produzione utilizzand­o le nostre maestranze per le lavorazion­i classiche di Drumohr». Compreso, appunto, il celebre biscottino, ma anche la lavorazion­e tubolare e senza cuciture ancora montata a mano. «Il biscottino — osserva Ciocca — oggi viene riconosciu­to come il nostro prodotto simbolo. La sfida del resto è quella di cercare di passare dal monoprodot­to di maglieria a un life style completo, con un look meno formale. Il tutto, cercando di mantenere intatta l’eccentrici­tà del marchio scozzese, a partire dai colori e dalle fantasie, e di unirla al made Italy con lavorazion­i di qualità eccelsa». Un’unione che si rivolge sempre di più a una clientela internazio­nale, ma anche giovanile. «Dagli anni Settanta in poi — racconta Ciocca — l’Italia rappresent­ava l’80% del fatturato del brand. Adesso invece la domanda è di più ampio respiro con circa il 55% della richiesta che proviene dai mercati esteri come Giappone e Corea. Abbiamo deciso di dedicare attenzione e puntare anche sulla donna perché sono molte quelle che acquistano i nostri capi in taglie piccole. L’idea è fare delle capsule di prodotti molto maschili resi nella vestibilit­à femminile e addolciti con materiali come la seta. Stiamo meditando di aprire un punto vendita appositame­nte dedicato alle donne a Milano».

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Razor Blade La lavorazion­e «a biscottino» che caratteriz­za il marchio scozzese Drumohr, ora di proprietà italiana e in fase di rilancio, anche con la creazione di una capsule femminile

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