Corriere della Sera

Il governo «promette» il sì allo ius soli

Il ministro dell’Interno parla di impegno solenne. Il premier: un lavoro da completare Ap con Lupi avverte: siamo certi che non vorranno mettere la fiducia su una legge così

- Alessandra Arachi

A fine giornata è il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni che assicura la priorità anche a nome del governo sullo ius soli: «Abbiamo un lavoro da completare e degli impegni di leggi importanti da portare avanti, come quella sulla cittadinan­za, su cui lavoreremo per creare le condizioni perché possano finalmente essere approvate dal Parlamento».

Anche il presidente del Consiglio ha parlato alla conferenza programmat­ica del Pd a Napoli, sullo stesso palco dove al mattino era stato il ministro dell’Interno Marco Minniti a rilanciare con solennità il tema dello ius soli, «una legge sull’integrazio­ne e non sull’immigrazio­ne».

Il capo del Viminale davanti alla platea aveva sollecitat­o «l’impegno solenne di approvare la legge in questa legislatur­a» perché «un grande partito di fronte a una legge di principi si batte, decide, convince. E l’unica cosa che non fa è rinunciare: noi non rinuncerem­o». Agli applausi del popolo del Pd è seguito a distanza un tweet di Anna Finocchiar­o, ministra pd dei Rapporti con il Parlamento: «Sullo ius soli sono d’accordo con Minniti. L’impegno del Pd è fondamenta­le». Ma le opposizion­i scatenano le proteste e promettono battaglia, la Lega in testa che minaccia di invadere le piazze.

Da Forza Italia la voce di Giovanni Toti, governator­e della Liguria: «Mandiamoli tutti a casa prima che facciano altri danni». E Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, lancia un appello a Berlusconi e Salvini per poter mettere in piedi subito un referendum abrogativo qualora la legge venisse approvata.

Non è un percorso facile quello della legge sullo ius soli che ha avuto già la benedizion­e della Camera , ma al Senato deve fare i conti con il pallottoli­ere per l’approvazio­ne.

Perché su questa legge la maggioranz­a in Senato è spaccata. Ap non ci sta a votare una legge che garantisce la cittadinan­za agli stranieri nati in Italia con limiti legati all’istruzione e alla stabilità del lavoro dei genitori. «Lo abbiamo detto da sempre che noi questo provvedime­nto non lo votiamo così com’è», dice Maurizio Lupi, coordinato­re nazionale di Ap. E aggiunge: «Per fortuna manca davvero poco alla fine della legislatur­a e sono sicuro che il premier Gentiloni non vorrà mettere la fiducia su una legge così».

La sicurezza di Lupi non sembra corrispond­ere alle intenzioni reali, alla fine della legislatur­a manca davvero poco e prima dello ius soli c’è da sbrigare la legge di bilancio. E sono proprio i tempi così stretti che fanno propendere per la fiducia su una legge che così sarebbe blindata.

Però ha detto bene il premier: «Bisogna lavorare per creare le condizioni per l’approvazio­ne». Ovvero, tradotto: trovare i numeri per avere una maggioranz­a in Senato.

È già successo, a Palazzo Madama, che la maggioranz­a si spaccasse. Il caso più recente è quello delle unioni civili: Ap non ha voluto saperne di votare e il provvedime­nto è stato approvato con i sì dei verdiniani di Ala, dopo che all’ultimo momento si erano sfilati i senatori dei 5 Stelle.

Per lo ius soli il M5S non ha mai dichiarato un voto favorevole e il Pd deve compensare l’assenza dei 24 voti di Ap sommando i 16 di Mdp (Bersani ha detto che loro lo votano in qualsiasi condizione), i 15 verdiniani, i 7 di Sinistra italiana e qualche voto sparso del gruppo misto.

In linea teorica, la maggioranz­a per approvare lo ius soli esiste, ma non c’è davvero troppo da scialare.

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