Corriere della Sera

La scheda

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● Orietta Galimberti, nota con il nome d’arte di Orietta Berti, è nata a Cavriago (Reggio Emilia), il 1° giugno 1943

● Non aveva ancora 18 anni quando partecipò al suo primo concorso: «Voci Nuove Disco d’oro»

● Il successo arriva nel 1965, quando vince «Un disco per l’estate» con la canzone «Tu sei quello»

● Ha partecipat­o a undici Festival di Sanremo, con un terzo posto nel 1974

● Orietta Berti ha venduto oltre 16 milioni di dischi

● Per i 50 anni di carriera ha presentato 5 cd, uno nuovo «Dietro un grande amore», e 4 con i suoi successi la voce, avevo messo gli stracci umidi sui radiatori e saliva su la puzza di detersivo. Un giorno quel matto si mise a cantare per strada O’ sole mio. Daje Orie’ che rimediamo un po’ di soldi.E via con tutto il repertorio napoletano».

Com’è andata?

«Alcuni passanti ci hanno riconosciu­to e pensando che fossimo ridotti in miseria volevano invitarci a mangiare a casa loro. Una volta invece mi ha convinto a seguirlo da Milano a Lugano sulla sua moto. Tiette stretta Orie’. Mi ero fatta un bel pupullo e...»

Pupullo?

«Come dite voi? Sì, insomma, uno chignon. Beh, lungo il tragitto sono volate via tutte le forcine e all’arrivo sembravo una matta».

Vi divertivat­e parecchio.

«Senta quest’altra. Modugno era superstizi­oso da morire. C’erano le prove di Canzonissi­ma, io ero in prima fila con i piedi sulla sedia. Lui si interrompe di colpo. Di chi sono quei sandalacci viola che portano jella?, urla. In realtà erano fucsia. Me li ha fatti togliere, eh. La sarta ha dovuto prestarmi le pantofole».

I talent musicali li segue?

«Mah, questi giudici si commuovono ogni cinque minuti davanti ai concorrent­i, ma quale pelle d’oca, io ai più gli tirerei una scarpa».

Sarà in gara a Celebrity MasterChef ma non sapeva stendere la pasta per i tortelli.

«Mi venivano dei buchi grandi così. Orietta, tu ti appoggi troppo al matterello, mi rimprovera­vano mia mamma e mia suocera. Un anno fa finalmente ho scoperto il trucco. Divido in quattro l’impasto e preparo sfoglie più piccole. Prima potevo farci giusto i maltagliat­i».

A Cavriago, dov’è cresciuta, c’è il busto di Lenin.

«Erano tutti rossi, in paese, anche mia mamma, che ogni Primo maggio cuciva le bandierine con falce e martello e andava ad attaccarle apposta davanti alle case dei democristi­ani. Al funerale di Stalin ci hanno chiamato in piazza per la proiezione, io ridevo con un’amichetta e ho buscato uno scapaccion­e. Ho cominciato a cantare alla Casa del Popolo e ho partecipat­o a tante Feste dell’Unità, li ho fatti guadagnare ben bene, votati mai, anche se almeno erano comunisti veri, che lottavano per un ideale. Sotto al busto ci sono sempre garofani rossi, del resto qui è così, abbiamo rosse persino le vacche».

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