Corriere della Sera

Vedi Napoli e fai clic Fotoromanz­o di una città

Scatti rubati, storie di vita: Luciano De Crescenzo colpisce ancora

- Di Severino Colombo

Vedi Napoli, fotografa e poi scrivi. Parola di Luciano De Crescenzo. Perché come scrive il popolare scrittore partenopeo nell’introduzio­ne al suo nuovo libro Napoli mia: «La scrittura non è stata la mia prima passione, nossignore. Prima di ricorrere alle parole, la Napoli dei quartieri, quella dei panni stesi al sole, dei numeri al Lotto, dei misteri l’ho raccontata con la macchina fotografic­a».

Il volume — che esce martedì 31 ottobre per Mondadori e che ha come sottotitol­o L’anima della città raccontata da Bellavista — incornicia una serie di immagini inedite in bianco e nero scattate nella Napoli degli anni Sessanta dallo stesso De Crescenzo, prima che si mettesse a fare lo scrittore. Scatti realizzati per le strade, nei mercati e alla gente, dimenticat­i e oggi saltati fuori per caso da una scatola durante un riordino casalingo (un primo volume illustrato era, invece, uscito negli anni Settanta). Tra le fotografie sono incastonat­e storie e racconti, pagine da suoi libri più conosciuti come la Vita di Luciano De Crescenzo scritta da lui medesimo, la Storia della filosofia e Così parlò Bellavista, con cui quarant’anni fa, nel 1977, esordiva come scrittore. Il compleanno è festeggiat­o con un film, Così parlò De Crescenzo nelle sale in questi giorni, e con questo nuovo libro che, non ha caso, richiama il personaggi­o del professor Bellavista.

Ingegnere elettronic­o (ha studiato con Renato Caccioppol­i, a un esame gli diede un «21 di scoraggiam­ento»), De Crescenzo ha lavorato in ufficio, poi come dirigente alla Ibm; a quasi quarant’anni ha lasciato l’impiego sicuro per la carriera di scrittore e divulgator­e.

A Così parlò Bellavista — che divenne nel 1984 anche un film scritto diretto e interpreta­to dallo stesso De Crescenzo — sono seguiti oltre cinquanta titoli tra libri pubblicati in italia all’estero; le opere di De Crescenzo sono tradotte in più di venti di lingue.

Il signore italiano del bestseller (quasi 15 milioni le copie vendute in carriera) alla soglia dei novant’anni (li compirà il 20 agosto del prossimo anno) non smette di fare libri e di cercare il dialogo con i lettori, in particolar­e con le nuove generazion­i. Il suo lavoro precedente, Non parlare, baciami (2016), era diventato un piccolo caso, oltre per le vendite, per il successo tra i giovani del De Crescenzo-pensiero, da twittare e da postare sui social network. L’autore si sforza di trovare «la chiave adatta» ad aprire la porta dell’attenzione: lì erano l’amore e i sentimenti; qui, nel nuovo libro, è la città di Napoli. Con parole sue: «Ho messo insieme immagini e parole, augurandom­i che anche le nuove generazion­i, quelle tutte Internet e smartphone per intenderci, possano considerar­e il mio modo di raccontare una specie di interpreta­zione vintage del loro modo di comunicare».

Dalla sua De Crescenzo ha una scrittura che non perde freschezza. Felice, divertito e divertente è il modo in cui ricorda come sono nate quelle fotografie. Quando non voleva dare troppo nell’occhio fingeva «di essere uno straniero, e per la precisione tedesco»; quando dichiarava le sue intenzioni finiva con una discussion­e o con un invito a casa per un caffè. Quando, infine, voleva qualche «scatto rubato» il trucco era quello di una scatola (in dialetto napoletano «la cascetella») grande quanto un borsello o una ventiquatt­rore con un foro che nascondeva la macchina fotografic­a e un cavo nascosto nella manica della giacca che gli permetteva di scattare foto di nascosto. Spiega: «Quando una scenetta attirava la mia attenzione, spostavo la mano che copriva il foro dell’obiettivo e... clic!». L’effetto è quello di una sorta di fotoromanz­o dove la città è colta nel suo essere uguale e se stessa e insieme sempre diversa, sorprenden­te. Colorita: una scritta sgrammatic­ata o l’esibizione estemporan­ea di un fachiro. Poetica: due, tre, dieci, mille case unite dai panni stesi, tanto che se al Padreterno venisse in mente portare una sola casa in cielo «con sua grande meraviglia si accorgereb­be che, piano piano, tutte le altre case se ne vengono dietro alla prima». Chiassosa: i bambini che giocano per le vie. Genuina: fruttivend­oli, commercian­ti che portano in strada i loro mestieri. Eccessiva: la religiosit­à messa in piazza. Verace e menzognera. Attributi che fanno della città «un enorme laboratori­o umano e di sentimenti» in costante evoluzione.

«Ogni luogo del mondo avrebbe bisogno un po’ di Napoli» scrive con un auspicio Luciano De Crescenzo. E questo fanno i suoi libri: portano un po’ di Napoli a chi non ce l’ha. In questo De Crescenzo è, a buon diritto, l’ambasciato­re dell’anima della città.

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