IL REALISMO «MAGICO»
CREATIVITÀ E PATTO CON I MESTIERI COSÌ LO IED INSEGNA IL MADE IN ITALY L’appuntamento Una mostra alla Triennale di Milano racconta i cinquant’anni dell’Istituto Europeo di Design
Una scuola dovrebbe appartenere al proprio tempo e, contemporaneamente, anticipare le domande della conoscenza, delle competenze e dei mestieri, soprattutto quando si parla di tutte quelle professioni della creatività che hanno a che fare con le arti applicate: moda, design, grafica, comunicazione. Insomma, le basi teoriche e pratiche del Made in Italy.
L’Istituto Europeo Design, Ied come tutti nel mondo lo chiamano, in 50 anni di storia è sempre stato dentro e fuori dal proprio tempo, perché progettare significa essere in bilico tra passato e futuro, mentre il presente, per definizione, quando cerchi di afferrarlo, già se n’è andato.
Il fondatore e attuale presidente Francesco Morelli, proprio perché la sua formazione è ecclettica e visionaria insieme, ha sempre compreso che era necessario andare oltre l’organizzazione accademica e dialogare con la domanda del mercato, senza farsi condizionare da una cultura del marketing che, allora come anche in parte ora, guardava sempre indietro. Lo Ied è stato anche per me un’esperienza unica che ho attraversato dal 1984 per circa 30 anni con le prime esperienze didattiche nella sede storica di Piazza Diaz a Milano, fino ad assumere la direzione scientifica di tutto il Gruppo, Italia, Spagna, Brasile: un lungo periodo di collaborazione che rimane nel mio dna come una sorta di imprinting.
Giustamente i curatori della mostra, ospitata in Triennale, hanno scelto come immagine di copertina del catalogo un’Alfa Romeo che, sospesa nel vuoto a una grande gru in piazza Diaz, cercava di entrare nelle aule della scuola, e il giovane studente di allora, oggi direttore Ied Italia, Emanuele Soldini, scrive. «Lo Ied era un luogo dove accadevano cose che non ti saresti aspettato in una scuola “normale”». Ecco una delle caratteristiche fondamentali: guardare sempre al di là del perimetro disciplinare, anche con qualche triplo salto mortale, mettendo al centro i due grandi protagonisti del design: i professionisti e gli studenti, all’interno di una visione filosofica ben riassunta da un grande maestro, Gillo Dorfles,, protagonista da sempre nei Comitati scientifici dello Ied: «Va bene il futuro ma gli oggetti devono vivere nella contemporaneità quotidiana, quindi essere, per lo meno, parzialmente riconoscibili». Francesco Morelli ha sempre tenuto al centro questa sorta di «realismo magico», sospeso tra spinte utopiche e necessità pratiche, ovvero non perdere di vista le condizioni materiali dei processi e della produzione. Anche l’attuale amministratore delegato di Ied Riccardo Marzullo è un ex studente dell’ Istituto. Questo pendolarismo tra scuola, lavoro e mercato avviene anche per altre responsabilità didattiche. Ied è stata la prima
In visita alla scuola, la regina Elisabetta fu colpita dalla Multipla