Un doppio itinerario tra la memoria e l’attualità
Foto e documenti sugli ex allievi e una parte «live». La curatrice: le persone prima di tutto
Un doppio percorso, quello che si snoda alla Triennale per raccontare i 50 anni dello Ied, Istituto Europeo di Design, attraverso la mostra «La luna è una lampadina».
Duplice come lo è l’attività di una scuola che fin dai suoi inizi ha impostato la formazione degli allievi sulla teoria e la sua applicazione concreta. Nessuna traccia di oggetti, ma una galleria di documenti d’archivio che ripercorrono le tappe di quegli anni dal 1966 a oggi. La parte viva, testimonianza di questo lavoro sulla creatività a 360 gradi che si perpetra ogni giorno, è, nella sezione parallela, un workshop multiforme in continuo divenire: laboratori «live» guidati dai docenti, happening, installazioni temporanee, a cui parteciperanno, nel corso dei 21 giorni della mostra, gli stessi studenti dello Ied ma anche di altre scuole e università.
«Abbiamo voluto mettere al primo posto le persone, docenti e studenti: rappresentano la parte pulsante della nostra storia», dice Rossella Bertolazzi, direttrice del dipartimento di arti visive e curatrice della mostra assieme a Davide Sgalippa. Talmente importanti da rientrare sempre a pieno titolo nel progetto: «Il giorno di apertura è successo che un gruppo di una ventina di ragazzi si siano presentati spontaneamente senza essersi prenotati. Li abbiamo accolti con gioia. Non importa quale formazione abbiano, perché la creatività non ha limiti ed è in ciascuno di noi».
La prova di tutto questo è vedere nel percorso gli studenti affaccendarsi con forbici, colla, colori, progettare a computer, costruire i grandi moduli in cartone di un’installazione. «Ogni giorno sarà diverso, con attività trasversali a tutte le discipline (dal product design alle arti visive, dalla comunicazione alla moda, al car design) come allo Ied avviene quotidianamente». Con un coinvolgimento totale: «Avremo persino una performance musicale, risultato di un lavoro sul Pierrot Lunaire di Schönberg, che uscirà dalla mostra per invadere la Triennale», anticipa Bertolazzi.
Il processo del fare sempre calato nella realtà in cui ci troviamo a vivere: è quello che emerge dalla sezione espositiva. Se i laboratori di questi giorni hanno come tema Milano, città dove lo Ied è nato, il percorso che documenta con foto, pubblicità, giornali, locandine, disegni, la storia della scuola («diffusa» tra undici sedi, gran parte in Italia e alcune all’estero) scorre contrapposto a una cronologia scandita da immagini di oggetti, fatti, luoghi, film che identificano icone e momenti salienti dello stesso periodo.
Tanti i personaggi e le collaborazioni documentate, che negli anni sono state pietre miliari: dalla regina Elisabetta («Scelse lo Ied per una sua visita nel 2000 alle università del design») alla Metropolitana Milanese, per cui la scuola fu autrice del progetto della pavimentazione in gomma. Creatività multiforme, ma calata nella modernità, come attestano designer e critici di tutti i settori che nella sezione conclusiva, l’Agorà, spiegano in interviste (rielaborate a computer) la contemporaneità del loro lavoro. «Una scuola da 50 anni sempre attuale, che continua a promuovere l’eccellenza italiana a tutto tondo, dei prodotti e delle imprese. Una scuola-laboratorio dove nascono le idee da cui attingere per contribuire ad accrescere la nostra cultura», sintetizza il presidente e fondatore dello Ied Francesco Morelli. Simbolo quel titolo, «La luna è una lampadina»: «Dalle parole di Dario Fo per una canzone di Iannacci», spiega Bertolazzi, «Metafora folgorante della creatività, e del pensiero laterale da cui crediamo che essa può nascere».