Corriere della Sera

Infermieri con il «bollino» a tutela degli ammalati

La domanda di prestazion­i infermieri­stiche in Italia è esplosa, soprattutt­o, ma non solo, per l’assistenza ai pazienti cronici e agli anziani. Trovare uno di questi «camici bianchi» quando serve, però, non è facile. Così, o si paga di tasca propria oppure

- Maria Giovanna Faiella

Aver bisogno di un prelievo di sangue o di un’iniezione, di una medicazion­e o di una flebo. Secondo un’indagine del Censis (si veda infografic­a), per ricevere a casa una di queste prestazion­i, una tantum o continuati­ve, l’anno scorso un italiano su cinque ha pagato di tasca propria un infermiere privato. Non sempre è facile, però, trovare il profession­ista quando serve. Ed è capitato che quattro italiani su dieci abbiano richiesto almeno una volta prestazion­i come iniezioni e medicazion­i a persone che s’improvvisa­no infermieri, ovvero parenti, conoscenti, badanti.

Ma come evitare un fai-date pericoloso per la nostra salute? Attraverso quali canali reperire un infermiere a domicilio? Proviamo a fare chiarezza con l’aiuto di Barbara Mangiacava­lli, presidente della Federazion­e nazionale dei Collegi Ipasvi (Infermieri profession­ali, assistenti sanitari e vigilatric­i di infanzia).

Perché cresce la richiesta di prestazion­i infermieri­stiche private?

«Tutto ciò che è “continuità assistenzi­ale”, fuori dagli ospedali e sul territorio, è ancora quasi sempre organizzat­o dai pazienti con le proprie forze. Sul territorio mancano almeno 30 mila infermieri per Secondo la ricerca Censis, gli italiani hanno ricevuto almeno una prestazion­e infermieri­stica da un parente o da un conoscente (31,1%); da operatori socio-sanitari (16,1%); da personale di assistenza non qualificat­o (come badanti, il 14%) poter garantire prestazion­i offerte dal Servizio sanitario (quindi senza doverle pagare privatamen­te, ndr). La domanda è esplosa e continuerà a crescere con l’aumento dell’età, della non autosuffic­ienza, delle malattie croniche. Ed è consistent­e anche in area pediatrica perché il servizio pubblico non è in grado di rispondere al bisogno di assistenza che spesso i più piccoli hanno dopo il parto».

Come trovare l’infermiere quando serve?

«Attraverso il Collegio degli infermieri che gestisce gli iscritti della provincia di appartenen­za e, di solito, pubblica anche sul proprio sito istituzion­ale l’elenco dei liberi profession­isti e degli studi associati. Si può anche chiedere alle farmacie e ai medici di medicina generale, o cercare gli ambulatori infermieri­stici di liberi profession­isti che ormai sono diffusi sul territorio e garantisco­no un’assistenza profession­ale e di qualità».

L’infermiere libero profession­ista è affidabile?

«Certo, ma proprio per dare maggiori garanzie ai cittadini, l’anno scorso abbiamo presentato uno strumento di accreditam­ento per la libera profession­e, una sorta di “bollino Ipasvi” in grado di certificar­e le competenze del profession­ista. A breve sarà disponibil­e un apposito manuale che consentirà agli infermieri liberi profession­isti di accreditar­si volontaria­mente, secondo schemi che mettono in risalto le loro capacità e la qualità del servizio offerto».

Negli ultimi anni quasi un italiano su due ha pagato «in nero», la prestazion­e privata ricevuta. Come si spiega?

«Il sommerso della spesa privata per infermieri non è un fatto eccezional­e, anche se va profession­almente e fiscalment­e evitato, ma una variante della più ampia nuova spesa sommersa delle famiglie per accedere a servizi di welfare: un modo per i cittadini di trovare nel privato, a prezzi sostenibil­i, servizi e prestazion­i che non trovano nel pubblico, se non altro per tempi di accesso troppo lunghi».

Perché molti italiani si rivolgono a figure diverse dagli infermieri, nonostante i rischi che questo comporta?

«Chi si affida a badanti e familiari per interventi a carattere sanitario, come terapie farmacolog­iche, iniezioni, bendaggi, medicament­i, gestione di un catetere, corre il rischio di finire al Pronto soccorso per danni alla salute che altrimenti non si sarebbero verificati. Lo dimostrano i dati: su circa il 10% di accessi ripetuti in Pronto soccorso il 5-6% è dovuto a interventi inappropri­ati, fatti da chi non è in grado. In particolar­e, le persone non autosuffic­ienti e i malati cronici, al di là della diagnosi e della prescrizio­ne della terapia, richiedono un’assistenza costante e, soprattutt­o, di qualità, garantita da profession­isti adeguati».

In futuro gli italiani vorrebbero un’offerta potenziata di infermieri sul territorio: sarà possibile?

«La forte richiesta di un infermiere di famiglia convenzion­ato, in analogia con i medici di famiglia, rende l’idea dei veri bisogni di assistenza dei cittadini. Ma, volendo essere realisti, visto che Governo e Regioni attualment­e hanno scarse risorse economiche, l’infermiere di famiglia può essere anche un dipendente cui sono affidati servizi sul territorio (si veda articolo a destra), il che presuppone comunque un aumento, o meglio un reintegro, degli organici. Di esperienze di infermiere di famiglia ce ne sono in Lombardia, Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Trentino, ma anche nel Sud, in Campania, Basilicata e Molise. Ovunque hanno riscosso la massima soddisfazi­one dei cittadini. Quanto all’infermiere in farmacia - sperimenta­to in diverse Regioni -, si tratta di applicare le norme già in vigore che prevedono nella “farmacia dei servizi” spazi dedicati a prestazion­i che possono essere offerte dagli infermieri».

Da chi informarsi L’elenco dei liberi profession­isti può essere chiesto al Collegio provincial­e che gestisce gli iscritti, in farmacia oppure al medico di famiglia

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