Corriere della Sera

«Siamo troppo pochi e facciamo turni infiniti»

Carenza di organico, mancanza di turn over, orari estenuanti: quella degli infermieri è una profession­e «a rischio», con ricadute sulla qualità del lavoro

- Fonte: Cergas Bocconi (2015); Nursing up (2015) Maria Giovanna Faiella

sull’attività infermieri­stica in Italia, sito Ipasvi http://www. infermieri­perla salute.it econdo i calcoli effettuati da Ipasvi, nel nostro Paese mancano 50 mila infermieri di cui circa 20 mila in ospedale e gli altri sul territorio. «Occorre interrompe­re il blocco del turn over che dura ormai da circa dieci anni — sottolinea la presidente di Ipasvi — . Vanno rinforzati gli organici per mettere i profession­isti nelle condizioni di dedicarsi con la massima lucidità alla risposta assistenzi­ale, che è sempre maggiore a causa dell’invecchiam­ento della popolazion­e e dell’aumento delle malattie croniche. Così sarebbe anche possibile avere normali turni di servizio e, quindi, mantenere rapporti umani coi pazienti».

Quello degli organici depauperat­i, non è l’unico problema degli operatori sanitari: il personale invecchia e i turni sono estenuanti. Secondo un’indagine condotta su un campione di oltre duemila profession­isti dall’ ”Osservator­io nazionale su stress lavoro correlato, burn out e mobbing” del sindacato degli infermieri italiani Nursing Up, due infermieri su tre si sentono molto spossati e sfiniti, e più di otto su dieci ritengono di avere troppe responsabi­lità sul lavoro. Nonostante i disagi, però, gli intervista­ti riferiscon­o di essere ancora fortemente motivati a svolgere la loro profession­e.

Turni che vanno oltre la resistenza fisica possono comportare anche limitazion­i nelle mansioni da svolgere. Un recente studio di CergasCent­ro di ricerche sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale dell’Università Bocconi di Milano, rileva che il 15% degli infermieri presenta inidoneità fisiche, soprattutt­o a causa del trasporto di carichi, di posture sbagliate, lavoro notturno, stress, esposizion­e a videotermi­nali, rischio biologico. Situazioni, queste, più frequenti quanto più è avanzata l’età dell’operatore. In base ai dati della Federazion­e nazionale dei Collegi Ipasvi, quasi 4 infermieri dipendenti su 10 hanno più di 50 anni, con picchi in alcune Regioni come Calabria e Campania dove gli infermieri over cinquanta sono rispettiva­mente il 61 per cento e il 54 per cento.

La sofferenza degli infermieri può avere ricadute anche sulle persone che assistono. Uno studio su ore di lavoro e sicurezza del paziente ha evidenziat­o che è triplicato il rischio di incorrere in errori quando gli infermieri hanno svolto turni straordina­ri oltre le 12 ore. E, secondo un’altra ricerca, condotta in alcuni ospedali inglesi e pubblicata di recente sulla rivista scientific­a British Medical Journal, riducendo da 10 a 6 il numero di pazienti che un infermiere ha in carico, si abbatte il rischio di mortalità del 20 per cento. Nel nostro Paese, in media, ogni singolo infermiere in ospedale deve occuparsi di 12 pazienti, in Campania addirittur­a di 18 malati.

«Spesso capita che un infermiere debba lavorare almeno per due, vista la carenza di organici — riferisce Barbara Mangiacava­lli, presidente di Ipasvi — . Facciamo di tutto per garantire la salute dei pazienti ma il blocco del turn over che non consente un adeguato ricambio generazion­ale e le politiche di risparmio stanno provocando danni all’assistenza. Lo dimostra il fatto che i pazienti segnalano al Pit salute di Cittadinan­zattiva di non trovare in ospedale infermieri (e non solo) a sufficienz­a — prosegue Mangiacava­lli — . Se poi alla carenza di organici si somma l’obbligo, finora spesso disatteso, di rispettare le norme europee sull’orario di lavoro, diventa sempre più complicato garantire servizi e assistenza tempestiva e di qualità come spesso i bisogni dei pazienti richiedono».

Di sicuro a farne le spese è la relazione con il malato. L’anno scorso i cittadini che si sono rivolti al Pit salute oltre a lamentare una scarsa assistenza infermieri­stica in corsia nel 35 per cento dei casi, soprattutt­o nei giorni festivi e nelle strutture residenzia­li, con conseguent­i ritardi, per esempio, nell’erogazione di terapie, hanno segnalato che quasi un infermiere su cinque ha avuto nei loro confronti comportame­nti “poco umani”.

Osserva Tonino Aceti, coordinato­re nazionale del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinan­zattiva: «Purtroppo dobbiamo ancora confrontar­ci con la cronica carenza di personale infermieri­stico (e anche di altri profession­isti) gestito con “minutaggi” e “tempari” che incidono sul tempo e sulla qualità del tempo dedicato al paziente, sull’accessibil­ità alle cure e ai servizi, nonché sui costi privati che poi i cittadini devono sostenere per l’assistenza di cui hanno bisogno».

Gli infermieri, però, hanno deciso di mettersi in gioco. «La nostra profession­e si basa sul rapporto con i pazienti — afferma Mangiacava­lli —. Per noi è essenziale avere una relazione privilegia­ta con loro, per comprender­e come ci vedono e come possiamo soddisfare nel modo migliore i loro bisogni di salute. Per questo abbiamo attivato l’Osservator­io civico sulla profession­e infermieri­stica insieme a Cittadinan­zattiva». Attraverso un’indagine civica, cui partecipan­o cittadini e infermieri, saranno raccolti dati su diversi aspetti, per esempio su umanizzazi­one e gestione della relazione infermiere­paziente, ma anche su competenze, prestazion­i richieste agli infermieri sul territorio, organizzaz­ione del lavoro. I risultati dell’indagine saranno

Colpisce circa il 15% degli infermieri di cui: donne

79,6%

Lavoro notturno, reperibili­tà 12% Posture incongrue 12,6% Trasporto di carichi e di pazienti 49,5% uomini

20,4%

Rischio chimico 5,4% Turni (non notturni) 4,9% Stress, burn out 4,1% Altro 11,5% (risposta multipla) Ho troppe responsabi­lità

Mi sento poco riconosciu­to quando svolgo un buon lavoro

42,4% Mi sento molto poco riconosciu­to quando svolgo un buon lavoro

38,4% Mi sento molto spossato e sfinito

68,5% Il carico di lavoro ha effetti negativi sulla mia vita

58,21% presentati nei primi mesi del 2018. «L’intento è individuar­e insieme i nodi critici e capire come affrontarl­i per migliorare la qualità dell’assistenza, anche perché la profession­e infermieri­stica ha un ruolo centrale nel processo di offerta e garanzia di salute per i cittadini — spiega Aceti —. Ma è evidente che c’è un gran bisogno di riallinear­e le politiche pubbliche con i bisogni dei malati».

Si sbaglia di più Da uno studio emerge che turni di oltre 12 ore possono far triplicare gli errori agli operatori

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