Giorgio Pajardi
Direttore U.O.C. Chirurgia della mano, Ospedale San Giuseppe Milano; docente di Chirurgia della mano, Università di Milano iù della metà dei traumi ortopedici riguardano la mano. «Nella mano è difficile dare stabilità a una frattura perché disponiamo di poco spazio e non possiamo contare su un segmento osseo a valle»spiega il professor Giorgio Pajardi, direttore della Unità Operativa Complessa di chirurgia della mano dell’Ospedale San Giuseppe di Milano e docente di chirurgia della mano all’Università di Milano. «Per questo, spesso può rendersi necessaria una stabilizzazione con viti o placche, per evitare che l’osso non si saldi nella posizione corretta, con conseguenze estetiche e funzionali, nonché rigidità, che si può verificare per la formazione di aderenze tra i tendini e l’osso che si sta consolidando. Il rischio di rigidità è maggiore se si immobilizza la frattura con un gesso o un tutore, mentre se si ricorre a viti o placche è minore perché questa soluzione permette di muovere la mano sin da subito con l’aiuto di un fisioterapista adeguatamente preparato»
Quali sono le ossa della mano che si fratturano con più facilità?
«Quelle del metacarpo, che, tipicamente, si possono rompere quando si tira un pugno su una superficie dura. Se a sferrare il pugno è un pugile professionista è più facile che a fratturarsi siano il secondo e il terzo dito (indice e medio), il dilettante tende a deviare la mano e quindi a fratturarsi le teste dei metacarpi di quarto e quinto dito (anulare e mignolo). Il pollice è invece il dito, in generale, più a rischio di frattura stante la sua maggiore mobilità. Quando la mano subisce un trauma, nel tentativo per esempio di afferrare una palla oppure per una caduta, accade facilmente che le capsule articolari vadano in tensione senza rompersi e che a fratturarsi sia solo l’osso. Non a caso, la maggior parte delle fratture ossee della mano si verificano vicino alle articolazioni. Anche le fratture delle falangi delle dita sono abbastanza frequenti. Un dito si può rompere quando si schiaccia in una porta o quando si appoggiano le mani a terra per frenare una caduta, oppure, per esempio, giocando a basket o a pallavolo, se la palla provoca una distorsione».
Da che cosa si capisce se c’è una frattura a un osso della mano?
«Dal dolore intenso dopo un trauma, dalla scarsa mobilità, dal progressivo gonfiore dell’area dolente e dalla formazione di un livido. Tutti questi sono segnali di una probabile frattura. Se poi è evidente una deformazione del profilo anatomico, per esempio, di un dito (a causa di una probabile frattura scomposta), il sospetto diventa quasi una certezza che, però, si può avere solo facendo una radiografia. Nelle situazioni che appaiono gravi sin da subito conviene recarsi al Pronto soccorso, altrimenti ci si può organizzare per fare una radiografia nei due o tre giorni successivi».
Quali rimedi si possono adottare dopo un trauma?
«Per alleviare il dolore e ridurre il gonfiore, si consiglia sempre di applicare ghiaccio e mantenere la mano in posizione elevata rispetto al cuore. Poi, una volta accertata la presenza della frattura, la sua posizione e le caratteristiche (per esempio composta o scomposta) l’ortopedico valuterà il trattamento conservativo o chirurgico più adatto. Di solito se le fratture sono molto complesse e, soprattutto, se si associano a lesioni di altri tessuti (come nervi o tendini), viene coinvolto il chirurgo della mano, spesso interpellato anche in caso di esiti non soddisfacenti di trattamenti precedenti».