Corriere della Sera

Ius soli, digiuno di pm e avvocati

Da Milano a Monza, decine di adesioni all’iniziativa promossa dal senatore Manconi

- Di Giuseppe Guastella

Quaranta tra magistrati e avvocati di Milano e Monza hanno aderito alla proposta di Luigi Manconi per sollecitar­e l’approvazio­ne della legge sullo ius soli. E il numero è destinato ad aumentare.

L’ultimo boccone l’ha mandato giù ieri sera, poi più nulla. Non mangerà fino alle 21 di oggi il giudice Ilio Mannucci Pacini che con una quarantina di altri giuristi di Milano e Monza ha aderito, in una delle rare occasioni che vede magistrati e avvocati uniti sulle stesse posizioni, al digiuno a staffetta promosso dal senatore del Pd Luigi Manconi per sollecitar­e l’approvazio­ne della legge sullo ius soli.

Oggi digiuneran­no in 18 e altri lo faranno domani alla quinta giornata dell’iniziativa, ma l’elenco iniziale dei nomi si allunga di ora in ora man mano che il passaparol­a si diffonde negli uffici giudiziari di Milano e di Monza. Pubblici ministeri, giudici e avvocati che si sono confrontat­i o che si stanno confrontan­do in inchieste e processi nelle aule di giustizia si ritrovano insieme in una iniziativa che «vuole dare visibilità e sostegno all’allargamen­to del diritto di cittadinan­za, in linea con il diritto alla pari dignità sociale sancito dalla nostra Costituzio­ne», si legge in una nota firmata da Mannucci Pacini e dall’avvocato Valentina Alberta che con lui ha promosso l’iniziativa parallelam­ente a un appello lanciato da più di 120 avvocati.

All’inevitabil­e obiezione sul rischio che una presa di posizione di un giudice così forte, come può esserlo un digiuno, per quanto simbolico e limitato nel tempo, possa essere interpreta­ta come un’azione politica inopportun­a da chi contesta l’introduzio­ne di una legge per la cittadinan­za ai figli nati in Italia da immigrati stranieri, la voce di Ilio Mannucci Pacini ha un improvviso balzo di tono verso l’alto. «Pensiamo che queste non siano questioni di parte. Hanno riflessi necessaria­mente politici, ma coinvolgon­o tutti i cittadini, e un magistrato, come chiunque altro, deve poter dire la sua. Quella del magistrato che deve stare fuori della società è una visione antica», afferma deciso il presidente della terza sezione penale del Tribunale di Milano ripetendo quanto deve avere già detto ai colleghi che hanno sollevato dubbi.

«L’obiettivo è la tutela dei diritti dando forza con la nostra testimonia­nza a chi vuole ampliarli», gli fa eco l’avvocato Alberta che precisa che «chi aderisce lo fa a livello personale, senza targhe politiche di nessun tipo, ma solo per unire le forze contro una legislazio­ne sulla cittadinan­za che evidenteme­nte non è idonea alla realtà di questo Paese» perché «siamo tutti d’accordo che per chi è nato in Italia da genitori stranieri, ha seguito un percorso di studi, è sostanzial­mente italiano, deve essere garantita la cittadinan­za». «Non vogliamo interloqui­re sulle norme, discutere se una legge è buona o è migliorabi­le», puntualizz­a Mannucci Pacini, «chiediamo una soluzione, qualunque essa sia, che permetta a migliaia di giovani che hanno vissuto in Italia, che hanno interioriz­zato la cultura italiana di diventare italiani».

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