Botte e insulti a un bengalese
L’aggressione sabato a Roma, la vittima è un bengalese: «Salvato dalle loro ragazze». Un fermo e 4 denunciati
Prima l’insulto. Subito dopo calci e pugni. Aggressione razzista a Roma. Vittima un cameriere bengalese. A colpirlo un gruppo di 12-13 ragazzi tifosi romanisti. Un fermo e 4 denunciati.
«Non so perché mi hanno picchiato. Volevo solo prendere il bus per tornare a casa. Stavo con un amico egiziano che lavora con me in un ristorante a Campo de’ Fiori: ci hanno preso di mira, erano in 12-13. Prima ci hanno insultato, ci hanno chiamato negri. Poi giù botte...». Kartik Chondro, cameriere bengalese di 27 anni, si lamenta e parla a fatica. Ha il volto coperto di tamponi e cerotti. Oggi forse sarà operato nel reparto maxillofacciale del San Camillo. È l’ultima vittima della follia razzista a Roma, appena una settimana dopo le figurine antisemite di Anna Frank con la maglia giallorossa attaccate nella curva Sud dell’Olimpico da tredici ultrà laziali, ora indagati per istigazione dell’odio razziale.
In carcere, per il pestaggio del cameriere, accusato di tentato omicidio aggravato dalla violazione della legge Mancino, c’è adesso un tifoso romanista, Alessio Manzo, 19 anni. Ha un precedente per droga e le foto di Hitler e Mussolini sul profilo Facebook: per i poliziotti è lui ad aver sferrato a Chondro — che già rantolava a terra — un calcio in faccia talmente forte da fratturargli mandibola, orbite oculari e naso. «Per darglielo, prima di andare via con gli altri, è anche tornato indietro», rivelano gli investigatori. L’espressione del bengalese, almeno quello che si intuisce sotto le bende, è un misto di paura e stupore. La stessa di altri tre bengalesi aggrediti negli ultimi mesi nella Capitale (a Tor Bella Monaca, Cinecittà e su un treno per Anzio): l’incapacità di spiegarsi perché sabato notte, alle 2.40, un gruppo di bulli fra i 17 e i 19 anni, di ritorno dalla movida in centro, lo ha massacrato di botte dopo averlo tempestato di insulti. Con lui alla fermata di piazza Cairoli, fra largo Argentina e via Arenula, a poche decine di metri dal ministero della Giustizia e di fronte al Ghetto, c’erano il collega e almeno altri due stranieri. «Negri di m .... , immigrati schifosi dovete sparire!». Non è chiaro se ci sia un motivo che abbia spinto un gruppetto di ragazzi e ragazze del Laurentino e di Acilia a prendersela con i quattro. Probabilmente non c’è, e questo preoccupa ancora di più chi indaga, visto il ripetersi sempre più frequente di episodi di violenza contro gli stranieri.
«Dopo gli insulti, ho tentato di rispondere, ma loro mi hanno detto “zitto, str .... !”, poi mi hanno picchiato e non ho capito più niente — dice ancora Chondro —. Ricordo solo che c’erano un ragazzo che si è messo in mezzo per difendermi, e altre due ragazze, sembravano più piccole: sono state loro a salvarmi, altrimenti mi avrebbero ucciso. Sono state brave, tiravano via quelli che mi picchiavano». Le due giovani facevano parte della comitiva che aveva trascorso la serata a Campo de’ Fiori. Quasi tutti tifosi della Roma e studenti, alcuni di un alberghiero all’Ardeatino.
Cristiano R., Valerio D.C., Lorenzo F. e Gabriele E. sono stati denunciati per lesioni e percosse. Quaranta minuti dopo il pestaggio — la polizia è intervenuta per una rissa, trovando Chondro svenuto e altri due stranieri sotto choc — il gruppo di Manzo è stato individuato in via delle Botteghe Oscure. Gli agenti dei commissariati Colombo e TreviCampo Marzio cercavano soprattutto lui. I testimoni dell’aggressione, compreso l’egiziano, rimasto contuso, ricordavano bene il ragazzone di Acilia: fisico massiccio, pochi capelli, vestito di scuro. «È quello del calcio in faccia, poteva ammazzarlo», raccontano. Domani potrebbe comparire davanti al gip per l’udienza di convalida. Forse spiegherà il perché di tutta questa violenza. Anche Chondro vorrebbe saperlo: «Non ho mai fatto male a nessuno. Penso solo a lavorare e a tornare a casa. Quando urto qualcuno per sbaglio, chiedo subito scusa. Non voglio problemi, non ne ho mai avuti. Ma allora perché mi hanno ridotto così?».