Corriere della Sera

Barcellona, la prova di forza degli unionisti

Centinaia di migliaia in corteo con le bandiere spagnole. Riapre la Generalita­t. Puigdemont rischia l’arresto

- Elisabetta Rosaspina

DALLA NOSTRA INVIATA

Se la presidente del Parlament Carme Forcadell non scherzava, venerdì scorso alle 15 e 26 minuti, oggi dovrebbe essere il primo giorno (feriale) della nuova Repubblica indipenden­te di Catalogna. Se il premier spagnolo Mariano Rajoy faceva sul serio, meno di cinque ore dopo, alle 20, 23 dello stesso venerdì, stamattina il presidente catalano Carles Puigdemont, che rischia anche l’arresto, e i suoi ministri troveranno, metaforica­mente, le serrature cambiate all’ingresso del Palau della Generalita­t di Barcellona, sede del governo autonomo che Madrid ha messo sotto tutela.

E se le autorità catalane destituite da Rajoy restano convinte di essere ormai indipenden­ti dalla Spagna, ieri la Repubblica ha già incassato la sua prima manifestaz­ione di dissenso: a mezzogiorn­o il Passeig de Gràcia, arteria turistica e commercial­e di Barcellona, si è riempito di unionisti fino alla Gran Via. Per la Guardia Urbana erano trecentomi­la persone, per la Societat Civil Catalana, che ha organizzat­o il corteo con l’appoggio di Popolari, Socialisti e Ciudadanos, erano il triplo. Nella massa non è mancata qualche testa calda: intonando «Cara al sol», l’inno della Falange e dei nazionalis­ti durante la Guerra civile, gruppi di ultras hanno cercato di raggiunger­e la piazza Sant Jaume, sede della Generalita­t e del municipio di Barcellona, senza riuscire a superare lo sbarrament­o di polizia. Un tassista, però, è stato ferito dal lancio di una lattina e una dipendente dei trasporti pubblici ha denunciato di essere stata aggredita.

La prima settimana di commissari­amento non inizia sotto auspici tranquilli: per oggi è stato sospeso lo sciopero generale proclamato fino al 9 novembre dal sindacato indipenden­tista , quindi i 200 mila funzionari pubblici dovrebbero presentars­i al lavoro. Meno assodato che rispondano agli ordini dei nuovi vertici imposti dal governo centrale.

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