Barcellona, la prova di forza degli unionisti
Centinaia di migliaia in corteo con le bandiere spagnole. Riapre la Generalitat. Puigdemont rischia l’arresto
DALLA NOSTRA INVIATA
Se la presidente del Parlament Carme Forcadell non scherzava, venerdì scorso alle 15 e 26 minuti, oggi dovrebbe essere il primo giorno (feriale) della nuova Repubblica indipendente di Catalogna. Se il premier spagnolo Mariano Rajoy faceva sul serio, meno di cinque ore dopo, alle 20, 23 dello stesso venerdì, stamattina il presidente catalano Carles Puigdemont, che rischia anche l’arresto, e i suoi ministri troveranno, metaforicamente, le serrature cambiate all’ingresso del Palau della Generalitat di Barcellona, sede del governo autonomo che Madrid ha messo sotto tutela.
E se le autorità catalane destituite da Rajoy restano convinte di essere ormai indipendenti dalla Spagna, ieri la Repubblica ha già incassato la sua prima manifestazione di dissenso: a mezzogiorno il Passeig de Gràcia, arteria turistica e commerciale di Barcellona, si è riempito di unionisti fino alla Gran Via. Per la Guardia Urbana erano trecentomila persone, per la Societat Civil Catalana, che ha organizzato il corteo con l’appoggio di Popolari, Socialisti e Ciudadanos, erano il triplo. Nella massa non è mancata qualche testa calda: intonando «Cara al sol», l’inno della Falange e dei nazionalisti durante la Guerra civile, gruppi di ultras hanno cercato di raggiungere la piazza Sant Jaume, sede della Generalitat e del municipio di Barcellona, senza riuscire a superare lo sbarramento di polizia. Un tassista, però, è stato ferito dal lancio di una lattina e una dipendente dei trasporti pubblici ha denunciato di essere stata aggredita.
La prima settimana di commissariamento non inizia sotto auspici tranquilli: per oggi è stato sospeso lo sciopero generale proclamato fino al 9 novembre dal sindacato indipendentista , quindi i 200 mila funzionari pubblici dovrebbero presentarsi al lavoro. Meno assodato che rispondano agli ordini dei nuovi vertici imposti dal governo centrale.