Corriere della Sera

Girona batte il Real al grido «Libertà» Il sogno catalano riparte dal 2-1

- di Andrea Nicastro DAL NOSTRO INVIATO

«Qui si fa la storia». «Altro che sogno, è tutto vero». «Siamo Davide contro Golia». E poi tutti assieme, come una sola ugola, da far tremare i piloni di sostegno: «Independen­cia-independen­cia» e «Llibertad-llibertad». L’impossibil­e è accaduto. Non che la Repubblica catalana sia diventata d’un tratto reale, ma che il Girona neo promosso, catalano di provincia, abbia battuto la Madrid del pallone, quel Real che ha la corona borbonica sul petto.

Finisce 2-1 per i «repubblica­ni», con corollario di pali, traverse e paratone che hanno trasformat­o per un pomeriggio i giovani del Girona in stelle. Se lo sport serve a mettere tra parentesi le preoccupaz­ioni, la partita di ieri per la Catalogna è stata un intero romanzo da allegare al mese di sbornia indipenden­tista. Novanta minuti che sono stati tutto fuorché una semplice partita di calcio. Sono stati metafora, speranza, rivincita, vetrina che meglio di così non poteva finire.

«Vedrai che si fa vedere». «Dicono che ci ha ripensato». «Ma no, non è possibile, ancora?». Il più desiderato dai tifosi del Girona non doveva uscire dagli spogliatoi, ma sedersi in tribuna d’onore. È Carles Puigdemont, il President dell’autoprocla­mata Repubblica indipenden­te di Catalogna. Puigdemont per Madrid è un presidente di Regione destituito, da un momento all’altro potrebbe arrivare al suo indirizzo una lista di avvisi di garanzia lunga così. Rischia decenni di carcere.

Se dovesse scegliere una trincea per la neonata Repubblica, sarebbe qui. Alle elezioni del 2015, per ogni voto al partito del premier spagnolo Mariano Rajoy ne sono andati 20 alla coalizione di Puigdemont. Sugli spalti si vede e si sente. La «armada invencible» del Real Madrid entra nel piccolo stadio di Montilivi per asfaltare i debuttanti. Milionari super famosi contro neo promossi, per la prima volta nella massima divisione dal 1930 quando il club nacque in un bar sulla Rambla della cittadina a un’ora da Barcellona.

Il pullman dei blancos arriva in terra «repubblica­na» senza neppure un uovo sui finestrini. Marta Madrenas che ha sostituito proprio Puigdemont come sindaco di Girona l’aveva detto: «Siamo gente civile, non ci sarà nessuna aggression­e, è una partita di calcio, non è politica». Il civismo catalano si è messo per l’ennesima volta in mostra.

Primo gol di Isco, gioiellino del Madrid già sbarcato in nazionale, pareggio di Stuani, uruguaiano, e vantaggio definitivo di Portu che invece è spagnolo di Murcia. Non importa se il secondo gol era in fuorigioco, il Real non ha neppure protestato: il Girona era in missione per conto della Storia.

Il President però non c’era. Guardava i «castelli umani» di Sant Narcís e, saputo del risultato, ha scritto un tweet dei suoi, da interpreta­re: «Un esempio per molte situazioni». Fosse stato in tribuna sarebbe stata un’apoteosi, tipo Pertini ai Mondiali dell’82, una passerella di luce gloriosa dopo tanti giorni bui. «Ci ha ripensato un’altra volta». Peccato, occasioni così non bussano tante volte nella vita.

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«Noi, un milione» Gli unionisti con le bandiere europee e spagnole ieri in piazza a Barcellona (Getty)

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