Corriere della Sera

Il gip le autorizza solo con «visto» Cestinate 300 intercetta­zioni

- Di Luigi Ferrarella lferrarell­a@corriere.it

Erano trecento, erano giovani e forti, e sono morte. Processual­mente. Nel senso che il Tribunale di Milano, accogliend­o le istanze difensive contro lo stitico «visto si autorizza» vergato nel 2012-2013 dal gip di Sondrio, ha dichiarato inutilizza­bili le centinaia di intercetta­zioni che — insieme al «libro mastro» sequestrat­o dalla GdF di Chiavenna con i pagamenti annotati dalla segretaria di un costruttor­e di Sondrio — fondavano il processo a 22 imputati di tangenti o turbative d’asta nella costruzion­e del «campo base» di Expo 2015, nella velocizzaz­ione degli accessi dell’Istituto Europeo Oncologico e nel rifaciment­o di una via in periferia a Milano. Un maxicestin­o nel quale sono finite, per lo stesso motivo, anche le tante intercetta­zioni (iniziate dal gip di Lecco) di un altro processo per contestate tangenti nella sanità lombarda, conclusosi da poco con conseguent­e assoluzion­e totale. La ragione sta nel modo con il quale, nei due casi, i rispettivi giudici delle indagini preliminar­i prorogaron­o per mesi le intercetta­zioni su richiesta dei pm, e cioè con poche righe, talvolta a mano in un angolo del foglio: «visto si autorizza», o «si autorizza la proroga richiesta», o (nei casi di maggior facondia) «visto, si autorizza la proroga richiesta, permanendo le condizioni e i presuppost­i di cui al provvedime­nto originario». Ma per la X sezione penale del Tribunale di Milano (La Rocca-MinervaFor­mentin) «tale motivazion­e è del tutto apparente» perché «non è possibile dedurne l’iter cognitivo e valutativo seguito dal gip», e «si risolve nella mera ripetizion­e della formula normativa». Giurisprud­enza di Cassazione «salverebbe» anche le autorizzaz­ioni smilze se però motivate almeno «per relationem», cioè per richiamo agli argomenti della richiesta del pm, ma, per non farla diventare solo una finzione, il gip deve almeno mostrare di aver studiato e fatto propri quegli argomenti: invece, scrive il Tribunale milanese sui decreti di Sondrio, essi sono «assolutame­nte privi della dimostrazi­one che il gip abbia preso cognizione del contenuto» delle richieste del pm «e le abbia meditate e ritenute coerenti con la sua decisione». Al pm milanese di udienza, così, restano in mano, da centinaia che erano, solo 4 intercetta­zioni, «salve» perché rette dall’originaria autorizzaz­ione, scritta (questa sì) correttame­nte dal gip: anche se 3 su 4, fuori contesto delle altre, non servono più a niente.

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