Quando le (nostre) storie diventano pezzi di teatro
Il libro del giornalista Sandro Mayer: quattro opere tratte da racconti di lettori e incontri casuali
Gli è bastato uno sguardo veloce alla stazione, una lettera al suo giornale, una passeggiata da solo. Gli è bastato scorgere un’emozione, per sentirla risuonare e cristallizzarla in una storia. Quattro storie, Storie da palcoscenico (Cairo, 350 pagine, 14 euro), che si leggono credendo a ogni parola e domandandosi alla fine, soltanto alla fine, come sia riuscito a tirarle fuori, una dopo l’altra, rendendole vere.
Sandro Mayer si è allenato con il suo lavoro, perché da sempre racconta le vite degli altri. Già direttore di Novella 2000, di Epoca, per vent’anni di Gente, oggi Dipiù, di mestiere sceglie foto e servizi, interviste e reportage.
Ma la curiosità con cui lo fa non si conquista con la pratica, è una dote innata. La stessa, preziosissima, che gli ha permesso di andare all’origine della tristezza invincibile di Betta, la ragazza con cui ha condiviso in silenzio un viaggio in treno per Ventimiglia; di ricostruire l’infelicità di Laura, la lettrice che aveva rinunciato all’amore per la serenità dell’unica figlia; di immaginare l’umiliazione di Sebastiano-Filumena, compagno di vita di Gianpaolo-Wanda; di mettere in scena una sorta di Jesus Christ Superstar a San Giovanni Rotondo, sull’onda di Padre Pio.
Quattro commedie teatrali già pubblicate e portate in scena, e raccolte adesso in una sorta di cofanetto. «Ci tenevo ad avere la mia raccolta, come ce l’ha George Bernard Shaw», scherza Mayer, che in terza liceo, per arrangiarsi con le spese, teneva un banchetto di libri al Piccolo Teatro di Milano. «Riuscivo a guardare i primi tempi di commedie e tragedie, poi mi spostavo per vendere i testi, dove spiccavano le antologie di Eduardo De Filippo, di Shaw, di tanti altri grandi».
Il desiderio di misurarsi nella scrittura teatrale non si è mai spento. E l’occasione si è presentata grazie alle lettere che continua a ricevere sulla sua scrivania: figlie schiacciate da padri padroni, tradimenti, scambi di coppie, conquiste della felicità, in quella commedia umana che è la vita di tutti.
Un capitolo a parte lo merita l’ultima storia, l’amore tra una cristiana e un non cristiano nella casa di Padre Pio. «Seguo il santo di Pietrelcina da prima della canonizzazione. Non avevo molta simpatia per lui, perché la notte in cui morì mi ritrovai a scrivere un instant book con Enzo Biagi, Silvio Bertoldi e Guido Gerosa e per una sciocchezza Biagi mi fece una scenata, ci rimasi malissimo... Poi vent’anni fa ho sognato Padre Pio che mi picchiava di brutto perché non gli avevo mai dedicato un pezzo. Ai tempi dirigevo Gente, feci la copertina su di lui e mi si aprì un mondo di lettori e personaggi famosi che lo seguivano. Da allora in ogni giornale che ho diretto mi sono occupato di lui».
Padre Pio «Non avevo molta simpatia per lui, poi 20 anni fa l’ho sognato. Da allora me ne occupo»