Corriere della Sera

«Il basket italiano? Zeppo di stranieri e pure venduto male»

Pozzecco: «La Nazionale? Strabilian­te ma scarsa»

- Flavio Vanetti

Pasta, broccoli, formaggio. E basket. Gianmarco Pozzecco, ormai cittadino di Formentera in servizio permanente ed effettivo, svela un talento da cuoco che è pari all’abilità con cui distribuiv­a assist. Casa super, nell’isola dei Vip dove il Poz ha ora la residenza, cucina da chef di rango e il soffritto che è ormai pronto. «Perché aggiungerc­i il basket?», cerca di sviare. Perché il regista dello scudetto della stella di Varese, la «mosca atomica» che sul campo ha spaccato i giudizi, ha qualcosa da dire. Di non banale.

Tanti hanno la diagnosi per i mali del nostro basket. Qual è la sua?

«Il guaio è la visibilità. Se porti ET a vedere il calcio italiano, in un minuto capisce come gira e quanto conta. Se lo porti al basket, s’incasina. Perché — si domandereb­be — non sfonda nonostante sia nel tessuto di tante città? Gli dovremmo spiegare che il prodotto è proposto male. E poi il basket va vissuto con figure riconoscib­ili: non è più così».

Per forza, con tutti gli stranieri che vanno e vengono…

«Non è solo per quello. Abbiamo smantellat­o la catena degli appassiona­ti. Un taxista di Milano mi disse che sua mamma si era affezionat­a al basket accompagna­ndo il nipote agli allenament­i. Sono decisivi i passaparol­a».

Ma la questione degli italiani è centrale.

«Lo è. Io giocavo nell’era dei Richardson, dei Danilovic, dei Djordjevic, dei Komazec: non potevo che migliorare. Oggi siamo circondati da stranieri scarsi, in un contesto mediocre. E mediocre rimani. E poi i presidenti…».

I presidenti?

«Sì. Vedo pontificar­e chi è arrivato ieri nel basket e conosce poco o nulla del passato e delle radici di questo sport. In Croazia, Pesaro ancora oggi è la Scavolini: capite?».

Intanto quei presidenti dicono che gli italiani costano.

«Nel 2003 litigai con l’allora numero uno federale, Fausto Maifredi: non proteggeva il giocatore indigeno. Carlo Recalcati, c.t., disse: hai sbagliato forma, ma hai ragione. Però vedrai che a breve torneremo a 3 stranieri. Adoro Charlie, ma era in torto: siamo il risultato di 14 anni di questo basket».

Resta il fatto che lo straniero costa di meno.

«Perché produciamo pochi italiani e pensiamo che gli stranieri siano migliori. Anziché quei sette scarsi, datecene tre buoni e responsabi­lizziamo gli italiani. I soldi? Io ne guadagnavo un bel po’: come In stand-by Gianmarco Pozzecco dopo 2 anni di vicariato al Cedevita Zagabria s’è preso un periodo sabbatico (Ciamillo e Castoria) si faceva all’epoca?»

C’è l’idea di premiare chi investe nei vivai.

«Quanto può incentivar­e un assegno da 100 mila euro? E che cosa se ne fa un Giorgio Armani di quei soldi? Non solo, c’è l’etica di mezzo: faccio giocare gli italiani per beccare il grano? Ma dai...».

Che cosa dice della Nazionale e dell’Europeo?

«Primo: perché non inseriamo un Randolph come ha fatto la Slovenia? Uno forte, uno vero: tanto lo fanno tutti... Secondo: l’Italia ha avuto un atteggiame­nto strabilian­te, figlio solo del metodo di Ettore Messina. Se uno ha tempo, ottiene risultati anche con una squadra scarsa. Perché noi, con rispetto parlando, eravamo più scarsi che buoni».

Ora il suo «amico» Tanjevic è il d.g. dell’Italia. Con Sacchetti allenatore.

«Meo è un pastore di talenti: farà bene. Tanjevic? Non sfottete, ora lo adoro: è l’unico che ha avuto le “palle” di dirmi quel che pensava di me. Ma mi domando: i due avranno la rispettiva autonomia?».

Vogliamo pensare a un futuro decente per la serie A?

«Il campionato è migliorato. Ma la Espn ci vede al sesto posto, dopo la Germania. Un tempo c’era la Nba e poi arrivavamo noi. Quindi: rimbocchia­moci le maniche».

Al lavoro «Dopo la Nba, veniva la serie A. Ora ci batte anche la lega tedesca: mettiamoci al lavoro»

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