Le piccole librerie che tengono insieme l’Italia
Orvietoè la mia città di riferimento da quasi trent’anni. E trent’anni sono un tempo abbastanza lungo per avere una visione di insieme della capacità di crescita e di valorizzazione di una piccola città. Crescita e valorizzazione che purtroppo, nel corso di questi stessi anni, non sono mai avvenute né state incoraggiate.
Tu chiamale, se vuoi, emozioni. Non è Lucio Battisti, ma Gordon Brown: l’ultimo premier laburista della Gran Bretagna ha attribuito la sua sconfitta elettorale del 2010 al fatto che lui non era «il tipo ideale» per la politica d’oggigiorno, basata sull’esibizione pubblica dei sentimenti privati. Nella sua autobiografia, che verrà pubblicata la prossima settimana, Brown sostiene che ai politici contemporanei, a differenza di quelli del passato, è richiesto di mostrare emozioni e rivelare aspetti della vita personale: tutte cose che a lui risultavano particolarmente difficili. «L’esibizione pubblica delle emozioni — scrive Brown — autentica o no, è vista come prova di una sincerità necessaria per il successo pubblico». E aggiunge che «i nostri leader parlano di questioni pubbliche in modi intensamente personali e ritengono di poter conquistare voti semplicemente dicendo ai loro elettori che anche loro “sentono il dolore”. Per quanto mi riguarda, dimostrare così apertamente le emozioni è qualcosa che mi mette a disagio». Il contrasto è evidente, se restiamo in Gran Bretagna, con primi ministri come Tony Blair o David Cameron, che — in maniera più o meno cinica — avevano fatto della connessione col pubblico sentire la bussola della loro azione politica: salvo poi finire condannati dal giudizio della storia per i loro clamorosi errori, fossero essi la guerra in Iraq o il referendum sulla Brexit. Mentre nel disorientamento di Brown si coglie un’eco delle difficoltà di Theresa May, soprannominata Maybot per la sua incapacità di esprimere empatia. Gordon Brown si conferma come una figura in qualche modo tragica: un uomo che ha sempre pensato di essere nel giusto, ma di non essere riuscito a spiegarsi. Ora con questo mea culpa riconosce di essere alieno allo Zeitgeist, allo spirito del tempo: ma è forse questo un peccato? Anche Friedrich Nietzsche, per dare forza alle sue convinzioni, diede alla luce le «Considerazioni inattuali»: e anche nell’inattualità di Gordon Brown c’è forse qualcosa da considerare, in un’epoca in cui lo spettacolo emotivo sembra aver rimpiazzato la politica delle idee.